“Nabuur” in olandese significa “vicino di casa” (cfr. “neighbour” in inglese), il sito omonimo si dichiara network globale del vicinato e collega volontari online di diversi villaggi, nella fattispecie comunità locali di paesi svantaggiati, permettendo loro di condividere informazioni e competenze utili alla loro attività. Nasce dalla mente di Siegfried Woldheck , ex-CEO del WWF Olanda, vanta Google tra gli sponsor , gode dell’esplicito sostegno dell’ex-presidente Clinton , ed è riconosciuto dal programma di volontariato online delle Nazioni Unite. Il suo fulcro non è la classica donazione ma condividere conoscenze, idee e contatti; in questo sistema le iniziative restano nelle mani dei singoli villaggi, combinando il vecchio aiuto tra vicini col potere comunicativo di Internet.
Dimenticate per un momento la consueta prassi di fronte ad una seria difficoltà della richiesta di fondi in attesa, a volte vana, di un finanziamento dall’alto. Col nuovo metodo l’aumento di comunità bisognose di una medesima soluzione non fa lievitare tempi e costi ma li fa diminuire ripartendo l’investimento di capitale umano tra tutti. I progetti elaborati portano all’apertura di cooperative agricole, Internet café, ospedali, all’istruzione infantile o ad una migliore irrigazione.
Tutto parte quando una di queste realtà locali si registra sul sito , superata una prima valutazione diventa un “villaggio” e lo staff di Nabuur.com forma un rappresentante indigeno perché agisca a nome di essa. A questo punto l’organizzazione invita i visitatori della pagina relativa a diventare volontari online (“vicini”, come dicono loro), gli sforzi complessivi dei “vicini” di un villaggio sono coordinati da un “facilitatore”, ovvero Online Project Manager, per usare termini aziendali.
Al rappresentante del villaggio si chiede una minima alfabetizzazione informatica, accesso ad Internet almeno tre volte a settimana, di seguire un breve corso online impartito dalla Nabuur, riferire in breve notizie a cadenza settimanale della propria comunità ed avere un sostituto pronto per i periodi di assenza. L’accesso al ruolo di “facilitatore”, all’inizio affiancati da facilitatori più anziani, prevede la disponibilità di sei ore settimanali sul sito e comunque di poter accedere online su base giornaliera, un inglese fluente e di garantire sei mesi di presenza attiva nel progetto. A questo si aggiungano propensione alla leadership, doti di mediazione, capacità di condurre in porto i risultati e tenacia da vendere.
Non esistono invece requisiti minimi per i vicini , ognuno fa quel che può, i facilitatori aiutano i nuovi arrivati a trovare compiti adeguati alle proprie capacità, interessi e tempo libero. Le mansioni spaziano dal trovare esportatori per i prodotti artigianali peruviani all’istruire i contadini sulle moderne tecniche di semina, fino all’organizzare un piano per il turismo etico in Uganda .
Tutto si svolge online all’insegna della massima trasparenza: ogni homepage di villaggio pubblica notizie, una galleria fotografica, lo storico dei documenti prodotti e i progressi raggiunti.
Internet sta cambiando anche il volto del volontariato, certo gode di eccessivo ottimismo chi creda di sconfiggere guerre e carestie solo con un paio di click, ma davvero ora nessuno ha più scuse per non fare, nel suo piccolo, la propria parte.
Fabrizio Bartoloni
Tutti gli interventi di F.B. su PI sono disponibili a questo indirizzo