Quindi questa volta le indiscrezioni erano fondate: all’inizio di febbraio Microsoft ha davvero annunciato il nome del suo nuovo CEO, e come le indiscrezioni riportavano è davvero Satya Nadella. Già Executive Vice President a Redmond, ovvero appena un gradino sotto al ruolo che va a ricoprire ora, Nadella arriva alla massima poltrona dopo aver gestito l’impegno nel cloud computing di Microsoft : non è un caso, anzi, è segno di continuità rispetto ai piani di rinnovamento intrapresi in questi anni. Ma la vera sfida che si presenta al nuovo CEO non è quella di individuare la tecnologia vincente in grado di regalare all’azienda altri 30 anni di successi, quanto piuttosto quella di rimuovere gli ostacoli che fin qui hanno frenato la capacità di Big M di a tenere il passo in innovazione e comunicazione rispetto alla concorrenza.
Il cloud computing sarà senza dubbio al centro dei piani futuri di Microsoft, e non è un caso che il comitato ristretto che ha selezionato Nadella abbia scelto lui ( lo sostituirà per ora il suo collaboratore Scott Guthrie, volto noto anche per i suoi interventi alle convention Microsoft): credere alla storia secondo cui era la prima scelta è difficile, ma senza dubbio dovendo optare per un candidato interno non si tratta di una cattiva idea puntare sul nome di Satya. Se Alan Mulally, che resta alla Ford, era un personaggio in grado di catturare l’attenzione dei media e offrire una ispirazione ai dipendenti, Nadella è un tecnico con una competenza riconosciuta dai colleghi e che ha un’idea precisa dello stato attuale dell’azienda, e che fino a questo punto ha portato avanti un progetto vivo e vitale (e in continuo mutamento ) in un panorama piuttosto stagnante e rallentato del mondo Microsoft. Il cloud computing di Windows Azure è servito persino colmare alcuni vuoti di altri prodotti , come la mancanza di un centro notifiche di Windows Phone, e da anni si ripete a mezza voce che uno dei primi clienti in fatto di dimensioni di Azure sia niente di meno che Apple: l’infrastruttura di iCloud si baserebbe in larga parte sulla nuvola di Redmond.
Questo non significa che basti occuparsi di cloud computing d’ora in avanti per garantire a Microsoft di mantenere la rilevanza che ha avuto in passato nel mondo dell’informatica. I tempi di Windows 95 e del dominio assoluto sul mercato dei PC sono ormai un ricordo, così come si avvia a diventare un ricordo il mondo dominato dai personal computer: gli smartphone, i tablet, le smart-TV, le console sono tutti oggetti sempre più presenti nella vita quotidiana e che continueranno costantemente ad acquisire maggiore importanza . Il PC rimarrà in circolazione, ma c’è da scommettere che perderà il suo ruolo centrale nella fruizione e nella creazione di contenuti: produrre il primo sistema operativo desktop potrebbe non essere sufficiente a mantenere il potere contrattuale necessario a garantire la sopravvivenza di tutto un ecosistema, così come non basterebbe riuscire a ottenere una fetta significativa del mercato mobile per Windows Phone.
Scegliere Satya Nadella come CEO di Microsoft è un segnale che va oltre la semplice nomina del nuovo comandante in capo selezionandolo tra i migliori candidati possibili. Quello che manca fino a questo punto al mondo dell’informatica nell’era post-PC è un collante, uno strumento, una piattaforma, un linguaggio comune che sia in grado di far dialogare assieme i diversi prodotti ed ecosistemi. Nadella pare aver capito che il mobile, inteso come ambiente dove i dati circolano quasi del tutto liberamente, è la priorità da imporre al business per farlo sopravvivere e prosperare. A ben guardare è il problema che afflige la stessa Microsoft , e che Ballmer ha tentato di risolvere con la filosofia “One Microsoft”: non si può pensare di tenere separate la divisione che sviluppa Office da quella che lavora a Windows, non si può separare l’impegno per Surface e nel futuro prossimo per i Lumia da quello per realizzare il sistema operativo che ci gira sopra o ignorare chi sviluppa i servizi che si potranno fruire tramite i device. Microsoft, la Microsoft che (ri)nasce oggi con la nomina di Nadella, può candidarsi a fare questo: realizzare una tecnologia capace di scavalcare i limiti dei giardini recintati in cui sono chiusi i suoi concorrenti, fornendo un terreno comune.
Questo significa una serie di cose. Primo , la parabola del PC su ogni tavolo e in ogni casa, un PC con Windows a bordo, è definitivamente tramontata. Bisognerà accettarlo e andare avanti : Microsoft continuerà ad avere un ruolo predominante per molti anni ancora, soprattutto se giocherà al meglio le sue carte in questo settore, ma i suoi prodotti non possono essere più soltanto Windows-centrici . Office, tanto per fare un nome, dovrebbe diventare “la” suite di produttività di riferimento per Android, iOS, Windows Phone, Blackberry, persino Chrome OS: questo significherebbe scindere le sorti di Office da quelle di Windows, concedendo alla realtà eterogenea lo spazio necessario nella visione Microsoft per decretare il successo del prodotto.
Non bisogna neppure andare troppo lontano per dimostrare quanto sarà complicato per Satya Nadella venire a capo della rigida divisione in compartimenti stagni che fino a questo punto ha dominato anche la cultura Microsoft. Un esempio di tutto questo è l’interfaccia Modern/Metro, quella a piastrelle di Windows 8 tanto per intenderci: il fatto che, a due anni e più di distanza dal lancio di Windows 8, la più importante applicazione che possa esistere, ovvero Office, resti un prodotto pensato e realizzato ancora con un’interfaccia e un paradigma molto diverso non fa altro che confermare quanto poco fino a questo punto a Redmond abbiano davvero badato a creare un ecosistema omogeneo e vincente, con una visione comune, e quanto invece ciascuno abbia provato a tirare acqua al suo mulino. Un mulino che macina miliardi di dollari di fatturato e utili a ogni trimestre, ma che rischia di restare senza acqua che ne faccia girare le pale se non provvederà a cambiare qualcosa anche nel breve periodo.
La discontinuità nel ruolo di Bill Gates è un altro segnale importante: significa che la carica di presidente, da lui mantenuta sin dal 1981, andrà finalmente a qualcun altro. Inoltre, l’ annuncio che Bill supporterà Nadella come consulente tecnico nella transizione, passando più tempo in azienda e collaborando allo sviluppo delle prossime versioni dei prodotti, è un modo piuttosto delicato di presentare il fatto che il co-fondatore si accinge definitivamente a lasciare la creatura al proprio destino . Gates starà più tempo dentro Microsoft per consegnare la propria eredità spirituale agli attuali dipendenti, garantirà gli investitori sul fatto che Nadella non sarà abbandonato in balia dei marosi di una complessa ristrutturazione aziendale, e concluso il lavoro (probabilmente col lancio di Windows 9: la release che dovrebbe riunire Windows RT, Windows per desktop e Windows Phone) e avendo imposto degli standard in fatto di qualità, è facile ipotizzare che si farà gradualmente da parte per lasciare che gli eventi seguano il proprio corso. Una lotta di potere è l’ultima cosa di cui ha bisogno Microsoft, e il ruolo di Nadella non dovrà essere in alcun modo sminuito dalla ingombrante presenza di Gates . Steve Ballmer pare essere consapevole di questo, visto quanto ha faticato a scrollarsi di dosso l’ombra di Gates, e il suo ruolo più marginale potrebbe essere più che positivo per la successione al trono.
“In questo settore non c’è alcun rispetto per la tradizione: quello che si rispetta è l’innovazione costante nel tempo”: è questa la frase chiave del discorso di presentazione tenuto da Nadella davanti ai dipendenti al campus ieri, l’ammissione che non basti continuare a fare i compiti a casa per portare a casa la promozione a fine anno col massimo dei voti. Che Nadella sia l’uomo giusto per tenere a posti conti (come Ballmer), avere una visione tecnologica (come Gates), e allo stesso tempo ispirare un cambiamento profondo della cultura aziendale non è possibile dirlo con certezza oggi: di sicuro aver pescato un candidato interno, un tecnico che non bada solo ai numeri ma anche alla prospettiva del business, non è un brutto punto di partenza per avviare questa mutazione.
Luca Annunziata