Chi ha avuto modo di allungare le mani sulla tastiera di un computer e su una connessione Internet tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del nuovo millennio, con tutta probabilità, ricorda Napster con un pizzico di nostalgia. Nato come piattaforma di file sharing P2P fortemente votata alla pirateria e alla condivisione selvaggia dei file MP3, il progetto si è poi trasformato in un servizio legale per lo streaming, in seguito all’acquisizione di Roxio datata 2008. Ora sta per affrontare un’ennesima metamorfosi. Farà il suo debutto nel calderone del Web3.
Web3: dentro anche Napster
Il marchio è appena passato sotto il controllo di un consorzio di cui fanno parte Hivemind e Algorand, due nomi ben noti a chi segue le novità provenienti dal panorama legato alle infrastrutture decentralizzate. L’annuncio è giunto questo pomeriggio attraverso un post comparso su LinkedIn che esplicita l’intenzione di portare l’iconico brand musicale nel Web3
, qualunque cosa significhi. Non fatichiamo a immaginare una serie di iniziative inerenti a blockchain, NFT, metaverso e criptovalute.
A quanto pare, le più recenti evoluzioni del mondo online e tecnologico stanno riportando a galla alcune realtà sulle quali il tempo sembrava aver definitivamente calato la sua scure. È il caso ad esempio di Winamp, per il quale ormai da molto si attende un rilancio in grande stile. Lo stesso vale per LimeWire, che un paio di mesi fa ha confermato il proprio debutto nel mondo dei Non-Fungible Token.
Qui sopra è visibile uno screenshot catturato da una delle prime versioni di Napster, in esecuzione su un Apple iBook nel 2001 (fonte Wikimedia). Altri tempi. Reminiscenze di un Web molto diverso da quella attuale. Una grande Rete ancora ben lontana dal concetto di streaming e in cui la fruizione dei contenuti, con modalità più o meno lecite, era indissolubilmente legata alla pazienza necessaria per affrontare attese infinite.