Milano – Alzando gli occhi al cielo in un giorno qualunque si vede soltanto il blu, al massimo se si è fortunati di notte si riescono a vedere le stelle e qualche satellite che passa rapidamente da un orizzonte all’altro: ma sono moltissimi gli oggetti prodotti dall’uomo che orbitano attorno alla Terra o sono stati spediti in giro per il Sistema Solare, tanti che rintracciarli e sapere dove si trovino esattamente è un’informazione che può rivelarsi utile per non rischiare incidenti e collisioni oltre l’atmosfera. La NASA ha messo a punto un nuovo protocollo di ricerca basato su un’antenna radar a terra , che ha consentito di ritrovare una sonda a stelle e strisce e una indiana attualmente in orbita attorno alla Luna.
L’algoritmo di ricerca è stato elaborato dal Jet Propulsion Laboratory , che ha sede a Pasadena in California, e l’operazione ha coinvolto anche l’antenna del radiotelescopio di Arecibo (quello di Contact, il film tratto dal libro di Carl Sagan), e le due installazioni NASA del Goldstone Deep Space Communications Complex in California e del Green Bank Telescope in West Virginia. L’antenna del Goldstone è stata usata per emettere un fascio di microonde diretto verso il nostro satellite, mentre il Green Bank è rimasto in ascolto per raccogliere l’eco delle riflessioni e delle rifrazioni di queste onde di ritorno sulla Terra.
La ricerca è partita dal Lunar Reconnaissance Orbiter , una sonda lanciata dalla stessa NASA per esplorare la superficie della Luna e della quale gli ingegneri conoscevano già tutti i dati relativi alla traiettoria e l’orbita: al JPL sapevano dove cercare e non hanno fatto altro che verificare che la sonda fosse esattamente dove si aspettavano . Non un’impresa da poco, visto che si trattava comunque di individuare un oggetto grande quanto un’automobile a 380mila chilometri di distanza: sebbene l’orbita teorica fosse conosciuta, il campo gravitazionale della Luna è decisamente peculiare con molte aree che influenzano la traiettoria delle sonde e dunque è stato necessario superare queste difficoltà tecniche per scovare la LRO.
Il passo successivo è stato mettersi alla ricerca di Chandrayaan-1 , una sonda dell’agenzia spaziale indiana: l’ultimo contatto con questa sonda risaliva al 2009 , e in questo caso i tecnici hanno dovuto procedere “alla cieca” per così dire per riuscire a rintracciarla. Anche in questo caso l’esperimento però è perfettamente riuscito, visto che grazie a una fortuita coincidenza la traiettoria dell’orbita della sonda indiana non era mutata in modo significativo rispetto alla previsione. Le nuove misure effettuate con i radar da terra hanno permesso di ricalcolare in modo preciso i tempi di rivoluzione, e le verifiche effettuate nei mesi successivi hanno confermato l’efficacia dell’algoritmo elaborato.
Il successo del JPL sancisce la possibilità di elaborare una mappa precisa e affidabile degli oggetti umani in orbita attorno alla Terra e la Luna: una condizione fondamentale per progettare future missioni senza correre il rischio di incappare in veri e proprie collisioni catastrofiche , e persino di immaginare missioni di recupero per quella che è a tutti gli effetti spazzatura spaziale che rimane inattiva e inerte nello spazio. Ripulire il cielo da questi oggetti, con operazioni chiurgiche, potrebbe migliorare di gran lunga l’efficienza delle future esplorazioni e semplificarne anche la programmazione.
Luca Annunziata