Da quando lo spazio è affollato (oltre che di stelle) da uomini, stazioni orbitanti e satelliti, le cronache non peccano in avarizia nel descrivere tutto quello che succede poco fuori dall’atmosfera terrestre. Il menù della settimana appena iniziata comprende novità sullo Shuttle Discovery , la missione lunare indiana e la possibilità che gli europei si appoggino ai russi per le loro esigenze di trasporto umano verso la Stazione Spaziale Orbitante una volta pensionato definitivamente il vettore americano.
Per quanto riguarda lo Shuttle, si è finalmente conclusa in maniera positiva la parte più importante della missione STS-128 , già piagata da due false partenze e da una valvola malfunzionante che ne aveva messo in forse il lancio entro tempi brevi. Lo Shuttle Discovery è partito in tempo per sfruttare l’ultima finestra temporale utile prima dell’autunno, ed è arrivato sulla ISS portando il suo carico di strumentazioni scientifiche, ricambi e astronauti.
L’aggancio con la stazione internazionale non è a ogni modo andato completamente liscio , segno evidente che il pre-pensionamento di uno dei più longevi mezzi di trasporto spaziali è una misura più che appropriata: Rick Sturckow, comandante della missione STS-128, è stato costretto a utilizzare i razzi principali per le manovre finali perché quelli di manovra risultavano fuori servizio.
Nell’arco dei 13 giorni della missione (9 dei quali passati in simbiosi con la ISS), l’equipaggio del Discovery effettuerà tre diverse “spacewalk” esterne per rimuovere e sostituire i materiali per esperimenti a bordo del modulo Columbus , installerà un serbatoio di ammoniaca pieno in sostituzione di quello esaurito e soprattutto installerà il modulo multifunzione Leonardo pensato per condurre esperimenti sulla fisica e la chimica in condizioni di microgravità.
Rifornita la stazione spaziale con tutto quanto il necessario (incluso l’astronauta statunitense Nicole Stott in sostituzione del collega Tim Kopra), la crew di STS-128 tornerà a casa entro il 10 settembre 2009. Quello che invece pare non farà più ritorno è il link delle comunicazioni tra l’ Indian Space Research Organisation (ISRO) e Chandrayaan-1 , il primo satellite lunare indiano lanciato lo scorso ottobre con lo scopo di esplorare il satellite terrestre su un arco temporale di due anni.
Dopo nemmeno un anno il centro spaziale asiatico ha perso contatto con la sonda, decidendo in seguito di terminare la missione dopo aver esplorato anche la possibilità di rivolgersi alla superiore tecnologia spaziale di russi e americani per tracciare il satellite. L’ISRO si dice comunque soddisfatto, perché al di là della fine precoce e della scarsa qualità delle immagini carpite a causa di un malfunzionamento, Chandrayaan-1 è stato un grande successo e ha raggiunto il 95 per cento dei suoi obiettivi.
In Europa il problema non è infine il rischio che missioni da pochi milioni di euro vadano in pezzi a metà strada, quanto piuttosto la necessità di trovare un mezzo di trasporto alternativo per gli astronauti del vecchio continente una volta completato il pensionamento degli Shuttle statunitensi entro il 2010/2011.
In attesa che il problematico progetto Constellation dia i frutti sperati e Orion contribuisca al rinnovo dell’esplorazione spaziale, l’ESA pare si sia rivolta ai russi affinché incrementino lo sviluppo di vascelli Soyuz da quattro a cinque all’anno. Un accordo definitivo ancora non c’è, ma pare che sia oramai solo una questione di pura formalità – oltre che di un contratto ben definito da presentare alla Roscosmos .
Alfonso Maruccia