Il cloud computing di IBM conquista anche la NATO, che ha intenzione di sfruttare i server tra le nuvole per migliorare la gestione delle informazioni e facilitare i compiti decisionali per gli scenari operativi. L’hardware e il software di Big Blue verranno inizialmente installati presso il comando operativo dell’organizzazione a Norfolk, in Virginia, e saranno apparentemente disconnessi da Internet per quella che è una vera e propria configurazione di cloud computing “privata” ad accesso esclusivo dei soli militari.
Gli ufficiali NATO sostengono come il cloud computing di IBM sia stato scelto dopo la valutazione di “tre o quattro” diverse aziende impegnate nel settore, per via della capacità di Big Blue di poter “operare su diverse architetture” di computing. I server privati installati a Norfolk serviranno alla NATO per raccogliere e analizzare più velocemente dati classificati come quelli della intelligence militare provenienti dall’Afghanistan.
“Diciamo che un soldato olandese viene ferito sul campo di battaglia – esemplifica il technology manager del centro di Norfolk Johan Goossens – Il soldato dev’essere evacuato da un elicottero tedesco e portato a un ospedale americano. In scenari internazionali le cose si fanno parecchio complicate, e speriamo di creare una pipeline in cui tutta questa informazione può fluire”.
Dopo Norfolk, IBM spera di poter estendere il suo cloud computing militare anche ai 28 membri dell’alleanza nord-atlantica. La base della Virginia è insomma “il primo passo per entrare dalla porta di questa organizzazione internazionale”, e il cloud computing militare pesa per una parte non trascurabile della scommessa di Big Blue su un business che nel 2015 dovrebbe valere circa 3 miliardi di dollari .
Alfonso Maruccia