Tablet disseminati dagli elicotteri direttamente sui villaggi, perché finiscano fra le mani dei bambini. Nessun tipo di messaggio, nessun manuale che ne illustri le potenzialità: i bambini sapranno cosa fare. Questa l’idea che da qualche tempo ribolle nella mente di Nicholas Negroponte, fondatore del MIT Media Lab e padre del progetto One Laptop Per Child ( OLPC ).
Negroponte ha tratteggiato questa prospettiva nell’ambito di un discorso tenuto presso l’ Open Mobile Summit di San Francisco. XO-3, la prossima incarnazione del computer per bambini, sarà il grimaldello per l’istruzione dei piccoli che lo riceveranno: è stato studiato per essere uno strumento trasparente, per essere usato intuitivamente, e Negroponte ritiene che sia giunto il momento di condurre un esperimento per metterne alla prova le capacità.
“Prenderemo i tablet e li butteremo letteralmente giù dagli elicotteri” ha annunciato : il tablet non teme un lancio da 30 piedi d’altezza, poco meno di una decina di metri, resiste alle intemperie, sarà alimentato a energia solare o a manovella. Quanto basta perché i bambini lo impugnino e trovino autonomamente la strada migliore per usarlo .
Nonostante le distribuzioni di XO siano finora state accompagnate da essenziali progetti educativi nelle scuole, l’idea presentata da Negroponte non è senza precedenti: il padre di OLPC fa riferimento ad uno studio del pedagogista Sugata Mitra , che si occupa da tempo di tecnologie per l’educazione. Mitra, in un esperimento denominato Hole In The Wall e avviato nel 1999, mette a disposizione dei computer a comunità che popolano aree disagiate di paesi emergenti: ha osservato che i più piccoli, incuriositi, iniziano senza difficoltà a smanettare, senza bisogno di istruzioni né di istruttori. Imparano il contenitore, il computer, imparano il contenuto, ciò che desiderano che il computer veicoli loro attraverso l’interazione .
Proprio Mitra, lo scorso anno , esprimeva il proprio parere riguardo al progetto OLPC, auspicando che per l’educazione mediata dal computer si battessero strategie basate sulla maggiore autonomia dei bambini e sul valore dell’autoapprendimento basato sulla condivisione. Negroponte sembra aver implicitamente raccolto la sfida: “nel corso del primo anno andremo a parlare con gli anziani delle comunità e con le organizzazioni che operano sul posto, persone comunque non coinvolte in progetti educativi – ha spiegato – ma poi lasceremo che siano i bambini a imparare autonomamente”. La prospettiva è quella di calare i tablet dal cielo, per poi ritornare sul posto dopo un anno e “vedere se i bambini hanno imparato a leggere”.
Una strategia basata sull’autoapprendimento, rivolta a i bambini di più tenera età, secondo Negroponte, è quello che manca alle iniziative che si stanno affollando nei paesi emergenti. Il padre di OLPC cita l’esempio dell’India, dove le autorità stanno sponsorizzando un tablet da 25 dollari rivolto agli studenti: si tratterebbe, a parere del docente del MIT, di un prodotto molto più costoso rispetto ai vari XO (le cui incarnazioni hanno, a dire il vero, subito molti aggiustamenti in termini di costi di produzione ) e, soprattutto, non in concorrenza rispetto al progetto OLPC, in quanto destinato a ragazzi già chini sui banchi di scuola, non a coloro che si confrontano per la prima volta con i fondamenti dell’istruzione.
Gaia Bottà