Lo studio legale Gilbert Randolph, con sede a Washington DC, annuncia il lancio di una class action contro Comcast in virtù del mandato ottenuto dal proprio cliente, il dottor Dr. Sanford Sidner, e di tutti i cittadini del District of Columbia che hanno sottoscritto un contratto con Comcast negli ultimi tre anni. Si tratta del secondo procedimento di questo tipo avviato negli USA contro l’ISP: il primo era stato depositato presso una corte californiana lo scorso novembre .
Tempi duri per il provider statunitense, che negli ultimi tempi deve difendersi su più fronti dall’assalto degli organismi federali di controllo e da un nugolo di utenti inferociti. Secondo gli avvocati dello studio Gilbert Randolph, quanto reclamizzato da Comcast per promuovere i propri servizi è “falso”: altro che “la connessione Internet più veloce”, altro che “accesso senza limiti ai contenuti, servizi e applicazioni che offre Internet”. I filtri sul P2P sono la prova che i limiti ci sono eccome .
“Comcast promette di non bloccare l’accesso ad alcuna applicazione online, inclusi i servizi di file sharing, ma poi cambia idea e fa esattamente il contrario” ha dichiarato l’avvocato August Matteis, che sostiene l’accusa: “Non solo impedisce agli utenti di ottenere i pieni benefici di un servizio che hanno acquistato, ma lo fa in maniera subdola e disonesta”.
I filtri imposti da Comcast al P2P, in particolare al protocollo BitTorrent, sarebbero “anticompetitivi”: e aver negato l’esistenza di questi filtri “per mesi”, non avrebbe fatto altro che peggiorare il quadro. Un atteggiamento che ha catapultato l’azienda al centro dell’attenzione e davanti alla Commissione federale per le comunicazioni (FCC), che ha espresso perplessità riguardo il comportamento tenuto da Comcast e che ora vuole vederci chiaro sull’operato del provider .
Come se non bastasse ora è arrivata pure l’ingiunzione del procuratore generale di New York, Andrew Cuomo: nelle intenzioni della pubblica accusa c’è capire con esattezza come Comcast operi il traffic shaping per “ottimizzare” l’impegno richiesto dal P2P alle sue reti. Se insomma si arrivi a quella deep packet inspection che così poco piace ai sostenitori della neutralità della rete.
Luca Annunziata