“Per me è la fine dello streaming“: lapidario, il cantautore canadese ha annunciato la rimozione delle proprie opere da piattaforme che maltratterebbero la musica e gli artisti.
In una presa di posizione che lo accomuna tanto alla determinazione di Taylor Swift quanto all’insondabile volubilità di Prince , il cantautore canadese sceglie di negarsi al modello più promettente del mercato musicale: non si tratta di una questione di soldi, nonostante ammetta che “la mia parte, come per tutti gli altri artisti, si è drammaticamente ridotta a causa di accordi presi senza il mio consenso”, ma di coerenza con le convinzioni che propugna dall’avvento sul mercato della musica digitale lossy.
“Lo streaming fa schifo – inveisce Neil Young – Lo streaming ha la peggiore qualità audio nella storia”. “Non c’è bisogno che la mia musica venga svilita dalla peggiore qualità nella storia del broadcasting o di qualsiasi altra forma di distribuzione – spiega – Non mi sento di permettere che questo venga venduto ai miei fan. Fa male alla mia musica”.
Il cantautore riconosce che lo streaming sia qui per restare, del resto i numeri lo dimostrano . Ma non può che dissociarsi: “Il punto è creare e distribuire della musica che le persone possano davvero ascoltare e di cui possano godere”. La piattaforme d’elezione per la musica digitale per Neil Young è fuor di dubbio il suo Pono , con il lettore che può assicurare alle orecchie più fini tutta la qualità delle voluminose tracce che si spingono fino a 9.216 kbps.
L’artista sembra però essersi ammorbidito rispetto al passato: tace, forse in virtù di contratti stipulati con l’industria della musica, riguardo alla vendita di brani digitali . Il suo catalogo permane sul detestabile iTunes, proposto allo stesso bitrate di Apple Music (256 kbps), inferiore a quello offerto da servizi di streaming come Tidal e Spotify in versione Premium.
Neil Young non si nega di rivedere la propria decisione, nel momento in cui la compressione dovesse allentarsi. Per ora, afferma, “tutta la mia musica, il lavoro di tutta una vita, la preserverò per come voglio che sia”. Che le platee continuino a fruire dello streaming, se proprio desiderano, e che continuino pure a “copiare” musica dalla qualità indegna, suggerisce l’artista. A Neil Young, però, sembra sfuggire qualche aspetto: se da un lato le piattaforme di streaming, da Apple Music a Spotify , incoraggiano un consumo distratto con colonne sonore di una quotidianità che non ha tempo per la fruizione raccolta, gli snodi pirata continuano a servire chi non si limita a subire la musica, audiofili compresi.