Roma – Sebbene non si possa parlare di boom, la presenza di Linux sul mercato aziendale è ormai radicata e in costante crescita. A dirlo è uno studio del colosso finanziario Goldman Sachs Group eseguito su di un campione di 100 manager dell’IT che lavorano per grosse multinazionali americane.
Il dato più interessante, secondo il rapporto di Goldman Sachs, è che Linux non sta crescendo soltanto nelle aree dove è tradizionalmente forte, come quella dei server per il Web, le e-mail, i file e la stampa, ma anche in settori economicamente più importanti come quello dei mainframe, dei data center, degli application server e dei database.
La crescita di Linux sul mercato hi-end e delle applicazioni mission-critical sarebbe dimostrato dal fatto che il 39% delle aziende intervistate, pur non considerando Linux una priorità, lo starebbe già utilizzando in vari ambiti applicativi, dai desktop ai data center.
Goldman Sachs sottolinea però come, in molti casi, l’adozione di Linux da parte delle grandi aziende sia ancora in una fase di sperimentazione: la progressiva diffusione di questo sistema operativo sul mercato hi-end dipenderà moltissimo, secondo il rapporto, dall’esito di questi primi test e dalla capacità della comunità di sviluppo del kernel Linux di tenere il passo evolutivo delle piattaforme commerciali.
In tempo di crisi economica non stupisce che anche le medie e grandi aziende puntino sempre più al taglio dei costi, un obiettivo che, secondo lo studio, è divenuto di primaria importanza per i manager dell’IT. Molti di loro sostengono di aver scelto Linux proprio per la capacità di questo sistema operativo di contenere i costi aziendali: considerazioni, queste, che sembrano andare a scontrarsi con la recente analisi di IDC sul total cost of ownership di Windows e Linux.
Fra le altre priorità degli IT manager che emergono dall’indagine di Goldman Sachs vi sono poi, in ordine decrescente, l’integrazione delle applicazioni, la sicurezza e l’affidabilità: quest’ultima voce comprende il disaster recovery e la business continuity.
Il campione di intervistati lavora all’interno di aziende che operano in vari settori del mercato, fra cui quello finanziario, delle comunicazioni, della sanità, della produzione, ecc., che fatturano fra 1 e 10 miliardi di dollari l’anno.