C’è chi si batte per la difesa della net neutrality e dell’accesso aperto alle applicazioni di rete, ma nei fatti Internet non sembra più avere nulla di neutrale e i provider agiscono come meglio credono in difesa dei loro esclusivi interessi. Dagli USA all’Australia la situazione è praticamente la stessa, e il futuro non promette bene.
Se in Italia i provider sono liberi di fare il bello e il cattivo tempo con le connessioni (mobile) nel caso in cui gli utenti dovessero scaricare un quantità di dati superiori a quella concessa entro un dato periodo temporale, non che negli USA vada meglio. Vedi alla voce RCN , ovvero il provider della Virginia colpito da una class action e accusato di filtraggio del traffico veicolato dalle applicazioni di P2P. Il caso, dai contorni non dissimili da quello ben più celebre (e celebrato) di Comcast, si è infine concluso con il patteggiamento del provider che ha negato di aver mai fatto alcunché di disonesto nei confronti dei suoi clienti ma nondimeno si è impegnato a non filtrare il file sharing per almeno 18 mesi.
Quei 18 mesi scadono il prossimo 1 novembre , e da allora RCN avrà teoricamente carta bianca nel mettere in pratica il traffic shaping del tipo di protocollo che meno gradisce (P2P, VoIP o quant’altro) posto che ne dia comunicazione agli utenti. Lo ha stabilito il giudice, che ha concesso un tozzo di pane ai firmatari della class action – gli avvocati, neanche a dirlo, si sono arricchiti anche stavolta con 540mila dollari di spese a 605 dollari l’ora – e nel contempo ha recepito la decisione di una corte federale sull’ abuso di autorità da parte della Federal Communications Commission nel caso Comcast.
Il traffic shaping non è più un orizzonte lontano o una pratica discutibile ma una possibilità concreta per quei provider con pochi scrupoli e nessun interesse a rispettare i supposti principi della net neutrality: non a caso le condizioni di utilizzo del servizio di grossi ISP come Time Warner Cable sono un autentico capolavoro di divieti , limitazioni e avvertimenti nei confronti dell’utente e delle sue modalità comportamentali in rete (download inclusi).
E la grande battaglia tra difensori della net neutrality e provider di connettività condotta in quel di Capitol Hill? Una disfatta quasi totale per i primi se sono vere le indiscrezioni che parlano della volontà dei Democratici di trovare il minimo comun denominatore con i Repubblicani, un terreno comune sufficiente per approvare una nuova legge sulla neutralità di rete che non discuta in alcun modo le attuali modalità di gestione dei servizi di connettività a stelle e strisce.
In Australia, infine, c’è un provider ( Optus ) colto sul fatto a degradare le sue connessioni a 100 Mbps fino a 64 Kbps nel caso in cui gli utenti superassero il limite imposto di traffico. Se ne occupa la Australian Competition and Consumer Commission , la quale ha denunciato Optus e vuol dimostrare in aula, con l’aiuto di esperti, che il provider non può oggettivamente definire “supersonico” il proprio servizio con un data rate ai limiti delle vecchie connessioni dial-up o ISDN.
Alfonso Maruccia