A quasi due anni di distanza dalla decisione con cui la Federal Communications Commission aveva sanzionato Comcast per le sue abitudini di filtraggio del traffico BitTorrent, un panel di tre giudici ha recentemente ribaltato la risoluzione dell’autorità statunitense stabilendo la piena legalità dell’operato del provider. Su cui la FCC non aveva alcun diritto di sentenziare per evidente mancanza di competenza giurisdizionale.
La notizia ha fatto il giro del web saltellando dai siti videoludici ai più blasonati quotidiani d’oltreoceano, egualmente concordi nell’attribuire all’evento un’importanza probabilmente cruciale (in un modo o nell’altro) nel gettare le basi per la regolamentazione della rete a banda larga del futuro prossimo venturo. Se fino a oggi la questione net neutrality è stata affrontata prevalentemente per mezzo di scaramucce ai margini, questa l’idea più ricorrente, la decisione dei giudici apre ora le porte a una guerra condotta a viso aperto tra autorità di controllo e ISP.
Con la decisione unanime dei suoi tre componenti, la corte federale ha stabilito che l’imposizione della FCC nei confronti di Comcast è illegittima, e pertanto senza valore pratico, perché l’organismo di regolamentazione – diretta emanazione del Congresso di Capitol Hill – non ha autorità sulle modalità di gestione della banda da parte dei provider di rete .
La regolamentazione “Internet Policy Statement” del 2005, che secondo la FCC era stata violata da Comcast, non prevede alcuna imposizione stabilita per legge né è sufficiente perché la FCC faccia valere il principio di giurisdizione “subordinata”, dove l’autorità di controllo può imporre la sua autorità senza attendere una specifica autorizzazione da parte del Congresso.
La nuova sentenza sposa la posizione di Comcast nell’ appello presentato dall’ISP nei confronti della presunta ingerenza di campo della FCC negli affari degli Internet provider, un’iniziativa legale che era stata fatta propria anche da altri protagonisti della connettività a stelle e strisce (AT&T, Verizon e relative organizzazioni di categoria) tutti concordi nel denunciare i possibili rischi di una eccessiva regolamentazione delle pratiche degli operatori della rete .
Ma se Comcast, AT&T e i provider possono al momento festeggiare una indubbia vittoria incassando persino l’ apprezzamento di Electronic Frontier Foundation per la sentenza, quel che presumibilmente verrà in seguito è tutto fuorché foriero di throttling libero e limitazione di accesso ai servizi di rete a totale piacimento dei gatekeeper della banda larga statunitense. Una battaglia si è chiusa ma con effetti sostanzialmente nulli, visto che già da tempo Comcast ha cambiato la sua policy di gestione del traffico abbandonando le limitazioni draconiane ai danni degli utenti (legittimi o meno) del file sharing.
Per quanto riguarda la FCC, la sua autorità sulle pratiche dei provider e la net neutrality, invece, la decisione dei giudici potrebbe funzionare da detonatore per riformare le modalità di controllo dell’autorità nei confronti degli ISP. In tal senso una “negazione” dei principi di neutralità porterebbe alla semplice riaffermazione del principio secondo cui ISP e società di telecomunicazioni (analogiche) devono essere trattate alla pari , con pari doveri nei confronti dei loro clienti. “L’unica cosa capace di tirare fuori i consumatori dal limbo in cui si trovano – dice il co-fondatore di Public Knowledge Gigi Sohn – è che la FCC faccia un passo indietro e dica di aver fatto un errore nel 2002″ ai tempi della “separazione” tra la regolamentazione della banda larga e quella della telefonia analogica.
Alfonso Maruccia