Roma – No, non andava giù alla BPI, la British Phonographic Industry, il fatto che una catena di frequentati internet café offrisse ai propri clienti la possibilità di masterizzare i file scaricati da internet dalle postazioni del locale. Così la BPI ha prima denunciato EasyInternet Café e poi ha ottenuto, nelle scorse ore, la condanna dell’azienda.
Dopo 18 mesi di battaglia legale, il giudice che ha presieduto il caso ha stabilito che il servizio offerto da quella catena di netcafé viola il copyright delle case discografiche sui brani che gli utenti di quei locali hanno scaricato, masterizzato e portato a casa senza riconoscere royalty ai possessori dei diritti intellettuali.
“Si tratta di un precedente di rilievo per la responsabilità dei titolari di molti internet cafè – ha affermato in una nota la Federazione italiana contro la pirateria musicale – che non svolgono controlli sull’attività illegale posta in essere dai propri clienti o addirittura la favoriscono fornendo servizi “a valore aggiunto” quali masterizzazione non autorizzata di cd contenenti opere protette che danneggiano gravemente i titolari dei diritti”.
Va detto che i gestori della catena di netpoint ha sempre sostenuto che la sua responsabilità si esauriva nel fornire un servizio legittimo e che le eventuali attività illegali degli avventori riguardano soltanto loro e non i café. Ma il giudice non la pensa così.
Entro breve tempo il tribunale dovrà stabilire quale somma, probabilmente cospicua, EasyInternet dovrà risarcire ai discografici. L’azienda nel recente passato ha dichiarato che BPI vuole almeno un milione di sterline, una cifra che ha definito una “estorsione”.