Web – Un metamercato è un mix equilibrato di contraddizioni. E ‘ il locale che si fonde con il globale, l’informazione che si confonde nella comunicazione, competenze e specializzazioni diverse e complementari che vivono in simbiosi. E’il luogo non-luogo dove si comprimono i tempi di reazione, si abbassano le barriere all’ingresso. Nei guru del new marketing il metamercato provoca picchi di adrenalina e eccessi di salivazione. Per le imprese è il carro su cui salire, l’onda da cavalcare, il treno da non perdere, anche se con i treni e le infrastrutture, intendiamo quelle fatte di ferro e cemento, ha spesso ben poco a che vedere. E ‘ il paradigma con il quale i protagonisti mondiali, piccoli e grandi, solidi o meno, celebri e sconosciuti, si misurano.
La sua natura sfuggente e poliedrica è, in primo luogo, opportunità. Di affermazione, riaffermazione, crescita. Opportunità e sfida, profumo di riscatto o misura dell’arretratezza.
I dati in circolazione, come al solito, sono tanti e spesso contrastanti. Il rumore di fondo parecchio, l’analisi conseguente difficile. Quei dati trasudano sfida accesa e tracciano la strada. I protagonisti saranno figli del più spinto darwinismo economico, di una cruenta corrida che potrà dare ragione ai vecchi conquistadores, alla fantasia endogena, o forse a entrambi.
Il polso della situazione in Italia si chiama Mezzogiorno. La new economy del nostro meridione d’altronde è tutta da inventare. E ‘ ancora agli albori, probabilmente più che in ogni altra parte d’Europa. La Sicilia è la cartina di tornasole di queste grandi manovre meridionali. In pochi mesi è divenuta lo spazio dove si sperimentano strategie inventate altrove, si affilano le armi aziendali. Delle migliori imprese nazionali e internazionali, dalla stessa new economy generate o anche da vecchi business. Volti noti o in cerca di notorietà. Stmicroelectronics , Tim , Alitalia , Blu , Lts.
Vi si riscoprono vecchi assunti e vi si realizzano nuovi mix. La Sicilia cuore del Mediterraneo, porta europea dell’Africa e del Medioriente. I riscontri si chiamano Grapes , Nautilus , e.planet . Nomi come altri per dire che probabilmente potremo fare a meno di vecchi retaggi e consumate analisi. Così come delle vecchie autostrade, quelle mai costruite o per la cui realizzazione ci sono voluti trent’anni, delle circonvallazioni divenute semplici arterie cittadine, dell’alta velocità, che da quelle parti probabilmente non arriverà mai, e del ponte sullo stretto ormai entrato nella leggenda.
Come il mercato, quello con la emme maiuscola, ha imparato a fare a meno dei fondamentali. I ponti saranno invisibili, strade e autostrade, telematiche. Sarà davvero così?
Renato Mannheimer e Enrico Sasson dalle pagine di Webegg ci ricordano quanto di old sopravvive nella new economy. In un’analisi sul boom dell’hi tech israeliano scrivono: “La nuova Silicon Valley è a meno di un’ora di auto da Tel Aviv. In quel raggio si accalcano, infatti, più di 2 mila aziende di alta tecnologia, informatica, naturalmente, ma con un occhio anche ad altre tecnologie di frontiera, come l’ottica, le telecomunicazioni e le biotech”. Una frenesia di attività, come loro la definiscono, riassumibile in tre fattori base: brain capital, finanziamenti pubblici, accelerazione delle privatizzazioni. Risultato: Israele è una delle nuove terre promesse dell’alta tecnologia dove Intel e Motorola investiranno miliardi di dollari.
Un parallelo con il Mezzogiorno d’Italia? Attendibile e necessario. Giusto dopo aver riflettuto però anche sul modello americano: flessibilità, deregulation, concorrenza nei servizi, riduzione di imposte e spesa previdenziale pubblica.
Modelli diversi, stessi obiettivi.
Tornando al Sud, prendiamo in prestito i numeri e l’analisi di una recente ricerca presentata a Bari qualche settimana fa, riguardante l’andamento della new economy nel 1999. Nell’Information technology l’area italiana più dinamica è quella del Mezzogiorno. Il mercato dell’informatica qui ha invertito una tendenza stabile da qualche anno, realizzando, con il 12,8%, il tasso di crescita più elevato di ogni altra area geografica. Le aziende dell’hardware sono cresciute del 18,5% rispetto ad una media nazionale del 6,4%, quelle di software del 6,2% rispetto al 3,6% del resto del Paese. Ma l’utente Internet meridionale è meno evoluto del suo simile nordista. Anche se la velocità e la penetrazione della diffusione del nuovo mezzo nel Mezzogiorno è superiore che nel resto dello stivale.
Il nuovo imprenditore meridionale ha un’età compresa tra 28 e 35 anni, è maschio, diplomato ma – di necessità virtù – ha deciso di lanciarsi nel business mosso dall’esigenza di trovare uno sbocco lavorativo. Ma fiumi di disoccupati continuano ancora ad inondare i vecchi uffici di collocamento e dall’ Istat giunge l’ennesima bocciatura per le PMI del Sud, fanalino di coda nell’impiego delle tecnologie informatiche (25% contro 33% e 32% del Nordest e del Nordovest).
Buoni spunti, buono inizio.
La net economy necessita di nuovi approcci, e soprattutto di una nuova cultura economica, politica, civile, capace di cancellare dal proprio vocabolario vecchi retaggi, burocrazie consunte e muri di gomma.
Ma bisogna fare presto perché, mentre scriviamo, nel grande mare agitato la vecchia zattera travestita da gommone si allontana sempre di più dalla corazzata Nordest.