Le iniziative fin qui messe in campo da Netflix per cercare di arginare il fenomeno degli account condivisi si sono rivelate piuttosto infruttuose. Vale anzitutto per le sperimentazioni che hanno interessato alcuni paesi sudamericani, forzando gli iscritti a pagare un extra se desiderano spartire la password con altri: in alcuni territori si è assistito a delle vere e proprie proteste. Dopotutto, nessuno ha scordato che, solo pochi anni fa, la piattaforma pubblicava su Twitter il post L’amore è condividere una password
. Se i vertici societari hanno la memoria corta, gli utenti di certo no.
Gli account condivisi su Netflix hanno vita breve?
Le cose potrebbero cambiare grazie a una proposta avanzata da Adobe, la stessa software house responsabile di Photoshop, Lightroom e della suite Creative Cloud. A fine agosto, lo sviluppatore ha presentato una nuova tecnologia chiamata Primetime Account IQ, che facendo leva su algoritmi di machine learning cerca di risolvere il problema attraverso un approccio inedito.
Agli utenti non viene più chiesto il continuo inserimento delle credenziali, né sono imposte limitazioni inerenti al numero di dispositivi sincronizzabili. Questi metodi sono definiti irritanti e ormai obsoleti. Dunque, come funziona?
Il sistema individua pattern comportamentali legati all’attività svolta, così da rilevare con grande precisione quando si verifica una condivisione non autorizzata.
Tra i fattori presi in esame ci sono il numero di device connessi a un singolo abbonamento, quello degli utenti che li impiegano e la loro posizione geografica. L’elaborazione fornisce in output una sharing probability. Si tratta di una stima della probabilità che più persone facciano affidamento sullo stesso account per la visione dei contenuti in streaming. Riesce inoltre a distinguere tra chi viaggia, i pendolari, i familiari più stretti, gli amici e gli accessi eseguiti da una seconda casa.
Sulla base di questi risultati, Netflix potrebbe mostrare messaggi mirati a coloro che, condividendo la propria password, infrangono i termini di servizio. Li potrà così invitare a interrompere la pratica o forzarli a mettere ulteriormente mano al portafogli per non dover fare i conti con un ban.
Cosa faranno le altre piattaforme?
Lo stesso vale ovviamente anche per le altre piattaforme, come Disney+ o Prime Video (gratis con la formula Amazon Prime), anch’esse interessate dal problema.
Va specificato che si tratta al momento di un’ipotesi. Nessuna delle società attive nel settore dello streaming ha ancora siglato una collaborazione con Adobe per sfruttare la tecnologia di Primetime Account IQ, almeno in via ufficiale. Di certo, i player di questo mercato si stanno muovendo per trovare nuovi metodi utili alla monetizzazione e per strappare abbonati alla concorrenza, fidelizzandoli a loro volta. Ne è testimonianza, tra le altre cose, l’ormai prossimo lancio di formule supportate dalla pubblicità: lo faranno sia Netflix sia Disney+.