Dopo la “carota” dell’ espansione in 190 paesi del mondo annunciata in occasione del CES 2016, Netflix ha ora agitato il “bastone” delle misure anti-geoblocking pensate per mettere alla porta VPN e proxy. Niente dettagli, solo l’assicurazione di una tecnologia che si evolve e diventa quindi sempre più efficace nel contrastare le misure di evasione dei limiti territoriali imposti allo streaming.
Lo sforzo di Netflix è quello di estendere l’acquisizione delle licenze di trasmissione in tutto il mondo, e mentre l’obiettivo finale si avvicina le restrizioni imposte dalle dinamiche della distribuzione dettate dai proprietari dei contenuti licenziati continuano a pesare nei territori dove la trasmissione non è (ancora) ufficialmente permessa.
L’uso degli “unblocker” contro il geoblocking non può quindi essere considerato una forma di accesso legittimo, sostiene Netflix , e nelle prossime settimane si annuncia una nuova stangata sui server e gli IP utilizzati per bypassare le restrizioni territoriali.
La periodica messa al bando di proxy e VPN è diventata da tempo una routine per Netflix, e la terminologia usata nel nuovo annuncio serve chiaramente a rappresentare un’azienda impegnata a soddisfare i bisogni degli utenti e piuttosto costretta a rafforzare i controlli territoriali imposti dalle major.
Il modo in cui gli abbonati fruiscono dei contenuti è una delle componenti essenziali del business di Netflix, e l’afflusso di nuovi clienti in arrivo con la preannunciata espansione quasi-globale servirà indubbiamente a trasformare in maniera radicale il funzionamento (o anche i gusti) dell’intero network.
Sarà infine interessante valutare l’effetto del geoblocking di Netflix su territorio europeo, visto che la Commissione di Bruxelles accarezza l’idea di garantire certe tutele agli utenti: in teoria basterebbe il blocco dei proxy anti-blocco in un singolo paese per mettere nei guai il network americano.
Alfonso Maruccia