A molti potrebbe sembrare un passatempo, ma per i cosiddetti juicer , spettatori a libro paga della statunitense Netflix , guardare film e serial televisivi é un vero e proprio lavoro che arriva ad occupare fino a 40 ore ogni settimana . La paga? A forfait, circa 10 dollari a visione . Lo scopo, invece, quello di intercettare e taggare i fotogrammi e le sequenze più significative dei contenuti, da utilizzare successivamente a scopo promozionale sulla piattaforma.
A gettare uno sguardo su questa professione è stato un giornalista della testata The Hollywood Reporter : i lavoratori coinvolti nel progetto, nome in codice Beetlelejuice , avrebbero avviato due class action presso le autorità giudiziarie dello stato della California, una depositata a novembre scorso da Lawrence Moss, l’altra in maggio da Cigdem Akbay.
L’obiettivo è ben preciso: dimostrare che a prescindere dalla forma contrattuale che disciplina i rapporti tra Netflix e i suoi collaboratori, considerati alla stregua di freelance, i tempi di lavoro e le scadenze stringenti imposte dalla company americana sono tali da qualificare il rapporto come lavoro subordinato a tutti gli effetti , con inevitabili annessi e connessi, dal pagamento di ferie e straordinari fino all’assicurazione sanitaria e alla contribuzione previdenziale complementare.
Intanto, dal quartier generale del colosso dello streaming statunitense tutto tace. Dalle poche indiscrezioni trapelate pare che i promotori delle azioni legali siano stati invitati a risolvere la questione senza troppi clamori e fuori dalle aule di tribunale . È presumibile, secondo i bene informati, che la faccenda si risolverà con una serie di accordi transattivi tesi a contenere i contraccolpi mediatici e le possibili conseguenze giudiziarie.
Luca Barbieri