I più strenui difensori dei principi a tutela della neutralità della Rete dovrebbero metterselo bene in testa: i tentativi da parte del governo statunitense di evitare che i provider si comportino in maniera discriminante nei confronti di contenuti, servizi e applicazioni web sono un chiaro errore. Lo ha spiegato con enfasi Kyle McSlarrow, CEO della National Cable and Telecommunications Association (NCTA), che nel corso di un intervento al Media Institute di Washington D.C. ha aggiunto che i principi della neutrality costituirebbero una violazione del Primo Emendamento della Costituzione a stelle e strisce.
“Il nostro Primo Emendamento – ha esordito McSlarrow – rappresenta uno scudo a difesa dei diritti fondamentali dei cittadini, non un’arma a disposizione del governo”. I valori democratici promossi dalla Costituzione, a suo dire, fanno del loro meglio nel liberare l’espressione dei cittadini da eventuali bavagli da parte delle autorità, non nel premurarsi di regolamentarla come starebbe facendo la Federal Communications Commission (FCC). Appare strano che McSlarrow parli di cittadini, dal momento che il suo obiettivo primario è la tutela della libertà d’espressione dei grandi fornitori di connettività statunitensi.
Il fuoco delle polemiche comunque era già divampato, quando la commissione guidata da Julius Genachowski aveva presentato un corposo documento di 107 pagine per il disegno di legge che dovrà aprire la strada ad una regolamentazione definitiva a difesa della neutralità della Rete. Sei principi di base, da trasformare in regole più severe a tutela di uno dei diritti fondamentali dei netizen: il diritto d’accesso. Lo scorso settembre erano state aggiunte due linee guida in più , indirizzate all’attenzione di tutti quegli operatori che gestiscono il traffico Internet.
La prima, volta a prevenire un uso discriminatorio da parte degli ISP, nei confronti di contenuti e applicazioni terze. La seconda, che mira ad assicurarsi che gli stessi provider rimangano assolutamente trasparenti nella gestione dei propri network. “Non saprei come spiegarlo più chiaramente di così – ha aggiunto McSlarrow, rifiutando la necessità da parte delle autorità di imporre regole severe – gli ISP non minacciano in alcun modo la libertà d’espressione. Anzi, il loro business consiste nel promuoverla, formando un vigoroso motore di promozione della democrazia nella storia di questo paese”.
Il CEO di NCTA ha spiegato che i fornitori di connettività statunitensi non avrebbero alcun motivo per bloccare l’accesso dei propri utenti a contenuti autorizzati, perché farlo sarebbe un vero e proprio suicidio commerciale. Le regole imposte dalla FCC andrebbero tuttavia a violare proprio il principio basilare del Primo Emendamento, dal momento in cui obbligherebbero gli ISP a non trasportare servizi premium agli utenti . Mentre Julius Genachowski sembra invece preoccupato di un evento particolare: come ad esempio Comcast che decida di offire velocità di banda più alte o migliore qualità di download agli show della NBC piuttosto che ai filmati di YouTube.
Si tratta insomma di rimettere in discussione l’intera visione della commissione statunitense, da tempo impegnata nel fare in modo che la Rete rimanga aperta e non controllata da operatori come i fornitori di connettività. Stando alle analisi pubblicate dalla società di ricerca Forrester , sono sei le aziende telefoniche a controllare il 65 per cento dei circa 80 milioni di utenti USA dotati di banda larga . A dominare le prime quattro – AT&T, Verizon, Comcast e Time Warner – con una quota pari circa al 46 per cento.
Percentuali che andrebbero osservate con accuratezza, nella visione della FCC: sempre secondo Forrester , nei prossimi cinque anni emergeranno altri 16 milioni di nuovi utenti , più della metà di questi nei prossimi 24 mesi. “Se avremo successo nella regolamentazione della neutralità della Rete – ha commentato Ben Scott del gruppo pro-consumatori Free Press – gli utenti di Internet non noteranno nulla di particolare. E si tratta di una cosa molto bella perché la Rete rimarrebbe così com’è, il mercato più dinamico e libero nella storia del nostro pianeta”.
Mauro Vecchio