“Sebbene la tecnologia consenta a un numero sempre maggiore di persone di connettersi virtualmente da ogni parte del mondo, è un desiderio comune quello di rafforzare i legami nella vita reale che si traducono in interazioni, esperienze significative e in una vita sociale più ricca. Siamo entusiasti di portare Nextdoor in Italia, un Paese dove i rapporti interpersonali sono considerati da sempre uno degli aspetti fondamentali della vita di tutti i giorni“: con queste parole Nirav Tolia, Co-Founder e CEO di Nextdoor, annuncia l’apertura del proprio servizio al mercato italiano, introducendo anche nel nostro paese l’app per creare community di quartiere.
Nirav Tolia mette immediatamente il dito nella piaga: se l’app trova spazio, è perché offre una risposta concreta ad un bisogno concreto, ossia il desiderio (necessità?) di fare community con i vicini di casa. Tale affermazione potrà sembrare quasi paradossale in quell’Italia di provincia (gran parte della popolazione, gran parte delle imprese e gran parte della produzione nazionali) che ancora si riconosce in valori e legami che non necessitano di un’app per trovare concretezza. La realtà delle città, però, recita un canovaccio differente ed il bisogno di una Nextdoor può sentirsi con maggior forza.
Nextdoor altro non fa se non mettere le persone in contatto basandosi su un elemento semplice quale la posizione geografica: persone vicine condivideranno problemi e soluzioni, ma necessitano spesso di un canale di dialogo poiché tempi, ritmi e spazi della vita odierna non offrono i necessari margini di socializzazione.
L’app mette assieme ormai 200 mila quartieri di USA, Francia, Regno Unito, Paesi Bassi e Germania: al gruppo si aggiunge l’Italia, il cui approdo sarà inevitabilmente a macchia di leopardo: alcuni quartieri sentiranno più urgente il bisogno dell’app e di nuovi sistemi di socializzazione, mentre la provincia con ogni probabilità rimarrà più ai margini. Un valido esperimento sociale, insomma, oltre che una intelligente iniziativa imprenditoriale. “Il 67% degli italiani”, spiega il comunicato Nextdoor”, afferma di essere in buoni rapporti con i propri vicini, mentre il 22% sostiene che siano addirittura ottimi. Molto significativo è anche, per l’82%, il desiderio di migliorare questi rapporti“. C’è bisogno di socializzazione, e questa non è una novità; c’è bisogno di una socializzazione di prossimità, e questa è invece materia ancora sostanzialmente inesplorata a cui Nextdoor tenta di fornire una risposta.
C’era una volta la conoscenza del vicino attraverso la domanda tipo “scusi, ha dello zucchero?”. Oggi l’imbarazzo può essere sciolto con una domanda o una risposta su un social network localizzato, purché stimoli (e non sostituisca) le interazioni sociali che generano il vero tessuto comunitario. L’app è un utile strumento, la community è fatta di persone.