Incassato il pollice verso degli operatori alternativi, il piano per la crescita delle TLC italiane presentato da Telecom Italia non riscuote – come era prevedibile – il consenso dei Consumatori. Ed è in quest’ottica che Altroconsumo , intervenuta martedì in audizione alla IX Commissione Trasporti, Poste e Telecomunicazioni della Camera, ha formulato alcune precise richieste nell’interesse del mercato e degli utenti.
Le richieste sono parte integrante del contributo che l’Associazione ha fornito nell’ambito dell’ Indagine conoscitiva sull’assetto e sulle prospettive delle nuove reti del sistema delle comunicazioni elettroniche . Ecco le osservazioni che l’Associazione mette in evidenza:
“- Sì alle reti di nuova generazione, le politiche di radicale rinnovo dell’infrastruttura di telecomunicazioni volte a realizzare in tempi brevi reti a larghissima banda in fibra ottica devono essere una delle priorità del paese, come lo sono state negli anni 60 quelle relative alla costruzione delle grandi dorsali autostradali.
– Chiediamo tuttavia che Governo e Parlamento si impegnino perché quello che dovrà essere un vero e proprio piano strategico e di sistema rimanga coerente con i principi della libera concorrenza e della protezione dei consumatori.
– Rigettare quindi gli impegni presentati da Telecom Italia sui quali si dovrà esprimere a breve l’ Agcom (Garante delle comunicazioni) in quanto alcuni sono già dovuti in base alla disciplina vigente, altri rischiano addirittura di avvantaggiare l’ex monopolista.
– L’Italia purtroppo non è la Gran Bretagna e l’Agcom non ha l’autorevolezza, l’indipendenza e le risorse di Ofcom (Garante inglese), pertanto la proposta di una annacquata separazione funzionale secondo la quale una divisione separata (Open Access) di Telecom Italia verrebbe a essere soggetta al controllo di un organismo con alcuni membri (peraltro in minoranza) indicati anche dall’Agcom non fornisce francamente una garanzia assoluta per la concorrenza e per i consumatori.
– Quest’organo di vigilanza non avrebbe peraltro poteri ispettivi e sanzionatori diretti, si baserebbe su resoconti di indicatori forniti dal controllato; in caso di violazioni attiverebbe una procedura che si concluderebbe eventualmente solo con segnalazione al vertice di Telecom. Un po’ come se uno di noi si impegnasse a non superare i limiti di velocità, a non parcheggiare in divieto di sosta, a tenere l’auto pulita ed efficiente e a sorvegliare non fossero i vigili ma un gruppo “indipendente” composto da 3 nostri familiari e 2 vigili.
– Occorre a nostro avviso scardinare quel meccanismo perverso secondo il quale il collo di bottiglia della rete di accesso è stato fino a ora utilizzato dall’ex monopolista per ottenere impropri vantaggi concorrenziali nei mercati a valle. Occorre dunque una separazione societaria per quanto riguarda la rete d’accesso, senza alcuna riduzione degli obblighi esistenti per l’ex monopolista verso i consumatori.
– L’accesso alla rete deve essere considerato servizio universale e bene comune, tutti gli operatori si devono impegnare per il suo mantenimento e sviluppo tecnologico.”
Al contributo per l’audizione è stato depositato in allegato un articolo – a firma dell’esperto di telecomunicazioni Stefano Quintarelli – in cui vengono ribadite le differenze tra mercato britannico e italiano e i motivi per cui si ritiene che Open Access (la divisione Telecom Italia che si occuperà della gestione delle infrastrutture) non potrà far ottenere vantaggi alle telco italiche, ma solo all’incumbent.
Dario Bonacina