Il Presidente di Telecom Italia Franco Bernabè è intervenuto con durezza sul Tavolo Romani, e in generale sul ruolo che ritiene debba svolgere lo Stato italiano nella questione delle infrastrutture di rete di nuova generazione.
“Da nessun’altra parte c’è un intervento diretto del pubblico. Se lo Stato vuole tornare a essere imprenditore va benissimo: ha Infratel e lo faccia per conto suo”. Ma in questo caso “sia chiaro che torniamo indietro di 15 anni, al ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni”.
Insomma la posizione del vertice di Telecom Italia è netta: “No allo Stato imprenditore e basta perdite di tempo: si bloccano gli investimenti in banda larga e ultralarga”. Tanto dannoso sarebbe l’intervento statale da creare una situazione paradossale: “Abbiamo un piano di investimenti su 13 città nel 2011 e 125 città entro il 2018 e siamo trattenuti dall’andare avanti”, soprattutto per i “vincoli rappresentati dalla regolamentazione e quelli dei tavoli che ci impediscono di accelerare i tempi”.
Eppure proprio sul finire della settimana scorsa si sarebbe dovuto tenere un incontro quasi conclusivo nell’ambito del Tavolo Romani, in vista dell’avvio della società pubblico-privata: ma prima è arrivato l’annuncio del suo rinvio al 21 giugno, poi le dure parole di Bernabè che sembrano rimettere tutto in discussione.
Anche perché Telecom Italia ribadisce la sua possibilità di andare avanti da sola e fare la rete di nuova generazione , tanto più che l’aziende sostiene di essere “l’unica ad avere la capacità tecnica”.
Il primo a rispondere a Bernabé è stato Mario Valducci della Commissione Trasporti e TLV della Camera, che ha ribadito come “il Paese non può permettersi più di una rete”. Tuttavia l’intervento di Telecom ha riaperto decisamente il dibattito sulle infrastrutture di rete, tanto da rimettere in discussione praticamente tutto e spingere il commissario Nicola D’Angelo di Agcom a parlare di una situazione che “si sta complicando”.
Legato al duro intervento di Bernabè, peraltro, potrebbe essere anche la lettera scritta alla Commissione europea dagli operatori alternativi attraverso l’associazione Ecta ( European Competitive Telecommunications Association ), che sembra paventare nelle nuove regole Agcom sull’NGN un nuovo rischio di monopolio da parte di Telecom : in pratica le nuove regole del gioco, e in particolare la negazione del diritto di unbundling (l’affitto delle rete di Telecom per offrire il proprio servizio all’utente finale), non permetterebbero una competizione come quella finora garantita con Adsl e rame.
Claudio Tamburrino