Con una nota del ministero dello Sviluppo economico è stata annunciata la chiusura di una delle contrattazioni del cosiddetto “tavolo Romani”: è stato firmato da Telecom Italia e gli altri operatori alternativi un memorandum d’intesa sulla condivisione delle infrastrutture passive relative a una nuova rete in fibra destinata a costituire la spina dorsale dei servizi in banda larga del futuro.
Al centro dell’accordo la creazione di una società veicolo (ancora tutta da definire e per cui sarà aperto un altro tavolo tecnico che entro tre mesi avrà il compito di fissare le regole del governo societario) per la realizzazione delle infrastrutture passive (cavi in fibra spenta, cavidotti e canalizzazioni verticali) e, successivamente, per la loro gestione. L’intesa esclude, dunque, la fibra e gli apparati (questioni affrontate ora esclusivamente su un altro tavolo e che attualmente vedono gli operatori costretti ad usare i propri oppure affittare quelli di Telecom Italia.
Questa società rappresenta l’ anticipata newco che attualmente comprende solo le telco, ma che cercherà di coinvolgere nel progetto investitori pubblici e altri privati. Per attirare altri soggetti come la Cassa Depositi, secondo indiscrezioni , è stato stabilito che andrà a operare solo in quelle aree nelle quali non sono presenti altri gestori con un’offerta in fibra (ad oggi solo Fastweb, presente in 7 città, e un progetto Telecom in attesa delle autorizzazioni Agcom). Inoltre è stato previsto che ognuno dovrà presentare un proprio piano “vincolante” per la banda ultralarga.
In ogni caso rappresenta un compromesso rispetto all’idea di una società delle infrastrutture complete, ma questo accordo dovrebbe permettere di entrare nella fase finale di contrattazione per la rete di nuova generazione . Per questo gli esperti concordano nel ritenerlo un passo importante. Ma, comunque, solo il primo.
Mentre infatti si chiude un tavolo con un parziale successo (ed estenuanti trattative) e se ne apre un altro con le medesime prospettive, l’Italia perde terreno nella speciale classifica stilata da FTTH Council Europe che mette in fila i paesi europei in base all’adozione della fibra ottica: da un anno all’altro cala di ben tre posizioni, scendendo dall’undicesimo al quattordicesimo posto, e in un triennio di dieci, con i paesi balcanici e dell’est a correre più veloce del Belpaese.
Arriva in Italia , intanto, il Commissario Ue all’agenda digitale, Neelie Kroes, che non ha certo evitato di mettere sul banco l’obiettivo di economia digitale e estensione della banda larga posto dalle istituzioni europee. Kroes ha spronato quindi l’Italia: è su e-governmente ed e-commerce, ha detto che l’Italia “deve mettersi al passo con gli altri paesi europei che fanno buon uso degli strumenti telematici. Il paese ne ha tutto da guadagnare”.
Inoltre per “creare un mercato unico digitale” occorre, sottolinea la Kroes , che tutti i paesi “si dotino della banda larga entro il 2013 e di quella veloce entro il 2020”. E per farlo bisogna investire: “Non è possibile – ha detto con un riferimento all’ipotesi di affido alle emittenti televisive locali o alla creazione di un nuovo tesoretto – spendere gli introiti dell’asta sulle frequenze per la banda larga mobile in altri settori completamente diversi”.
Claudio Tamburrino