Potrebbe essere la volta buona: dopo aver tentato questa strada a più riprese, l’Inghilterra potrebbe riuscire infine ad imporre un controllo sulla pornografia online vietandone l’accesso ai minorenni.
Regno Unito, sfida al porno online
Se ne parlò per la prima volta nel 2012, quando il tentativo era quello di fermare il porno in toto partendo da filtri per mano dei provider nazionali: la proposta era talmente densa di effetti collaterali che non vide mai una vera discussione nel merito. Il tema è tornato in auge nel 2019, quando sembrava poter prendere realmente piede, salvo resistenze sull’applicazione tecnica della misura che portò i tempi a dilatarsi fino a sfumare nel 2020. Nel 2020 tutti sappiamo cosa è successo e quanto coinvolta sia stato il Regno Unito: tutto quel che non è stato pandemia è stato messo in un cassetto in attesa di tempi migliori.
Ora il tema è tornato fortemente in discussione: ai siti espliciti sarebbe imposta la verifica dell’età degli utenti tramite carte di credito o sistemi terzi di certificazione dell’età anagrafica. Per i minori l’accesso dovrebbe essere pertanto vietato a seguito della verifica stessa, passaggio nel quale sarà però fondamentale la tutela completa dell’anonimato per evitare fughe di dati che sarebbero particolarmente pericolose. Qualora tale verifica non fosse approntata, al sito sarebbe comminata una sanzione pari al 10% degli introiti annui.
Ma i problemi sono molti
I dati confermano la forte esposizione degli adolescenti al porno e le recenti confessioni di Billie Eilish sul tema hanno sicuramente favorito l’alzarsi delle barricate contro l’eccessiva apertura della Rete al cospetto di fasce di età prive di tutele e strumenti di giudizio adeguati. Il Regno Unito ha così voluto tentare una prova di forza che però, nell’applicazione reale, dovrebbe incontrare più di un problema. La difficoltà di distinguere tra ciò che è vietato e ciò che non lo è, in primis; la difficoltà di perseguire siti ospitati su server dislocati ovunque nel mondo; l’impossibilità oggettiva di perseguire penalmente gruppi che fin troppo facilmente potranno celarsi dietro anonimato e confini nazionali. E poi c’è il tema dell’indicizzazione e delle immagini disponibili sui motori di ricerca, questione ben più problematica ancora.
Sebbene la BBC ritenga questa volta particolarmente vicino il raggiungimento del traguardo, un Governo fragile come quello attuale non sembra avere le carte in regola per una prova di forza (a meno che non possa aiutare Downing Street a consolidare una leadership mai come oggi effimera). Mettere a terra in modo anche solo vagamente efficiente un filtro di questo tipo solleva questioni enormi, con grandi questioni etiche e tecniche che al momento non vedono soluzioni percorribili. Resta insomma di fondo il sospetto che la lotta al porno inglese sia più un vessillo politico da sventolare che non una finalità reale che si vuol perseguire.