Nike ha denunciato StockX alla Corte Federale di New York per fermare la sua vendita di NFT legati alle scarpe con l’iconico Swoosh. Per capire la questione bisogna partire dalle basi, ossia dal fatto che in vendita non vi siano vere e proprie scarpe, ma l’immagine delle stesse. Questa la raffigurazione di un modello attualmente disponibile sul sito StockX:
Acquistare questo Non Fungible Token costa oggi 534 euro, con prezzo salito del 10% nell’ultima asta e continuamente fluttuante in base alla legge della domanda e dell’offerta. Il valore è dettato dalla scarsità (solo 250 unità disponibili) e da un elemento che lo rende “stable”: puoi vendere il tuo NFT ad altri utenti, oppure puoi liberamente riscattarlo in cambio di un paio di scarpe reali.
Nike, però, non ci sta. Dopo aver recentemente investito nel mondo NFT, ed essersi preparata con cura allo sbarco in questo mercato, il gruppo usa ora il copyright come argine per tenere lontani altri gruppi dagli NFT basati sulle scarpe dell’azienda. Se scarsità deve essere, va fissata e controllata, ma soprattutto deve essere proprietaria: entro poche settimane il gruppo è pronto a lanciare i propri NFT, ma prima di questo momento occorrerà fermare quelli altrui per evitare confusione.
La semplice denuncia già contribuirà a delegittimare gli NFT StockX, spostando l’attenzione su quelli proprietari, ma in ballo c’è qualcosa di più: la definizione legale del copyright in rapporto al mondo dei token è qualcosa di fondamentale per questo tipo di asset e sarà importante per perimetrarne le potenzialità ed i campi di applicazione.