“Rappresentano un pericolo per la salute dei consumatori”. Con questa motivazione il Brasile inasprisce le sue politiche di proibizionismo videoludico mettendo al bando due capisaldi della storia del gaming online: EverQuest e Counter-Strike . Entrambi risalgono al 1999.
Armi in pugno, i giocatori si aggirano in antri bui sfidando impavidi il nemico all’altro capo del web. Avatar circospetti pattugliano i mondi online alla caccia di mostri da affrontare per affinare le proprie abilità di combattimento. “Possono sovvertire l’ordine pubblico, attentano alla democrazia, alla legge e alla pubblica sicurezza”, aveva stabilito il giudice federale Carlos Alberto Simoes lo scorso ottobre.
Nonostante i due titoli fossero già destinati a un pubblico adulto, il bando è ora entrato in vigore supportato dall’associazione di consumatori PROCON : sono già scattate le confische , ai rivenditori sarà vietata la distribuzione dei due titoli, i cittadini sono invitati a segnalare all’Associazione eventuali distributori non autorizzati dei giochi.
Counter-Strike sarebbe un manuale interattivo per apprendere le tecniche di guerriglia urbana. Colpiti da una mod sviluppata da appassionati brasiliani, che inscena fra i vicoli di Rio una battaglia tra bande di spacciatori e rappresentanti delle Nazioni Unite, i membri di PROCON hanno descritto il gioco come “impressionante per il suo realismo, in grado di addestrare alle tattiche di guerra”.
Ancora più insidioso sarebbe EverQuest: a parere delle autorità, sottopone i giocatori a “pesanti conflitti psicologici”. Guadagnare in abilità, in punteggio e in popolarità spesso dipende dalla capacità del giocatore di uccidere a sangue freddo e di corrompere con sfacciataggine. Un attentato alla morale dei cittadini, “un’influenza sulla psiche del giocatore che potrebbe sviluppare atteggiamenti aggressivi in certi individui e in certi gruppi sociali” ha sentenziato PROCON.
Ad essere colpiti dal provvedimento sono anche gli internet cafè e i LAN center brasiliani: sono già stati individuati 17 spacciatori di postazioni abilitate al multiplayer, obbligati a rimuovere dai computer i giochi incriminati o costretti a pagare una multa di circa 2mila euro per giorno di violazione, pena la chiusura forzata dell’attività. Ma se venditori e internet cafè sono stati investiti dal bando, i player hanno briglia sciolta: “Giocare o non giocare – ha spiegato il giudice Lima – dipende dai valori morali di ogni persona e di ogni famiglia”.
Gaia Bottà