No al controllo online, siamo ISP inglesi

No al controllo online, siamo ISP inglesi

La Internet Service Providers Association si oppone vivamente alla proposta di legge che obbligherebbe la categoria a spiare i comportamenti P2P degli utenti
La Internet Service Providers Association si oppone vivamente alla proposta di legge che obbligherebbe la categoria a spiare i comportamenti P2P degli utenti

Londra – I provider anglosassoni non vogliono vestire i panni di vigilantes online. L’Internet Service Providers Association ( ISPA ) è stata molto chiara al riguardo, soprattutto dopo che è esploso il dibattito sulla nuova proposta di legge anti-P2P .

Le motivazioni dei provider, al momento, sembrano apparentemente inattaccabili. Come riporta BBC News vi sono barriere legali ( 2002 E-Commerce Regulations ) e tecniche che proibiscono ogni azione che esula dalla “mera fornitura” dei servizi. Insomma, allo stato delle cose né il Governo né l’industria discografica possono chiedere ai provider di monitorare o intervenire sui comportamenti illegali degli utenti.

La questione, ormai, è di interesse globale. Negli Stati Uniti, però, il tema è incandescente, infuocato anche dall’ affaire Comcast , il provider che ha ammesso di filtrare il P2P per non far ingolfare eccessivamente il suo network.

Il dibattito non riguarda solo gli aspetti ideologici ma anche i limiti tecnologici di alcuni interventi degli operatori e gli effetti collaterali sul mercato. Se da una parte ISPA sostiene che è difficile “colpire” un traffico dati specifico, dall’altra Comcast è convinta che il degrado delle prestazioni possa ottimizzare le risorse disponibili e scongiurare comportamenti illeciti.

“Sappiamo che tutti gli ISP si occupano della gestione attiva del traffico per ottimizzare il servizio per tutti i clienti”, aveva dichiarato Comcast. Ed altri seguono a ruota in queste settimane: Virgin Media ha ammesso che si tratta di una prassi attuata nei momenti di picco della giornata. ISPA ha ricordato, però, che ogni intervento indiscriminato sul P2P si riverbera anche sulle piattaforme legali come Napster e BBC iPlayer .

“Ogni ISP che non intervenga sulla gestione del traffico è destinato a scomparire”, ha dichiarato Gavin Johns, direttore della società di benchmarking Epitiro. Secondo l’esperto è diventato essenziale che i servizi in tempo reale, come quelli VoIP e video, siano utilizzabili, servizi che l’uso massivo del file sharing tende a “soffocare”. “Applicazioni diverse necessitano di configurazioni e carichi diversi”, ha aggiunto Johns.

Ogni provider, peraltro, si comporta in modo diverso. “Ciò che cambia tra gli operatori è il livello di invadenza del traffic shaping sugli utenti e il modo in cui i provider lo comunicano ai propri abbonati”, ha spiegato Andrew Ferguson di Think Broadband . “Le procedure tecniche di gestione del traffico hanno una pessima reputazione perché in molti casi sono utilizzate per contenere i costi della banda dei provider, senza alcun rispetto per le esigenze dei consumatori”.

Alcuni osservatori, non a caso, sostengono che la gestione del traffico sarebbe maggiormente tollerata dagli utenti se i provider certificassero una banda minima garantita e non velocità massime ad alto gradiente marketing.

Dario d’Elia

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Pubblicato il
19 feb 2008
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