A scanso di equivoci (perché l’equivoco è stato evidente): no, Roberto Cingolani non si sta per dimettere dal Governo Draghi. Non ne ha proprio alcuna intenzione.
Una frase travisata, una chiosa un po’ troppo forte e quel “il mio compito è esaurito” è rapidamente diventato trending topic su Twitter. Da più parti sono peraltro piovute critiche, cosa peraltro del tutto abituale in ambito social network, considerando il suo mandato poco impattante sul presente e poco utile per il futuro. Ma il problema è immediatamente messo da parte con una intervista al Corriere della Sera nella quale il ministro per la Transizione Ecologica fa il punto sul suo operato e allontana ogni pressione verso l’addio.
Cingolani non si dimette
Il ministro Cingolani, anzi, rilancia:
Dimissioni? Ho lavorato così tanto, vivendo come un monaco a Roma per fare in modo che si vedessero già nel primo scorcio dell’anno prossimo i risultati e me ne vado? Forse c’è qualcuno che ci spera perché ha capito che non si torna indietro e che l’anno prossimo si dovrà correre come e più che nel 2021.
Il caro-bollette spaventa e per questo motivo la sua opera viene messa in discussione, ma Cingolani ci tiene a precisa che il suo lavoro non va archiviato nel cassetto dei problemi, ma in quello delle soluzioni:
Venni criticato la scorsa estate quando lanciai l’allarme sui rincari del gas. Sino a oggi però abbiamo dovuto investire 8 miliardi (quanto la prima tranche di riduzione delle tasse) per mitigare il rincaro in bolletta del gas
Nessuna soluzione immediata, però. Secondo Cingolani è inevitabile il fatto che la discussione debba spostarsi sul lungo periodo, perché nell’immediato l’unica reazione possibile è un investimento statale che possa essere compatibile con i conti e con la ragionevolezza:
Ma si rende conto che abbiamo messo 8 miliardi sinora per affrontare un rincaro enorme del gas e non sono bastati per mitigare completamente le bollette dei meno abbienti, delle piccole e medie imprese che rischiano la chiusura? E tutto perché negli anni passati ci siamo accontentati di spingere l’interruttore e avere la luce. Qualcun altro pensava a come si creava quell’energia elettrica. In poco più di 10 mesi abbiamo ribaltato questo modo di ragionare e ci siamo messi nelle condizioni di lavorare i prossimi anni pensando al lungo termine non a domani mattina.
Si è parlato di immediata fibrillazione nel mondo del M5S, reazione ora raffreddata dalla nuova presa di posizione con cui Cingolani allontana ogni ipotesi in tal senso. Le sue posizioni sono però state viste troppo spesso come pro-nucleare, argomento che tiene sulla graticola il suo impianto prospettico per il futuro: l’Italia ha il nervo scoperto da tempo su questo tema e non sarà forzando la mano che si riuscirà ad arrivare ad una discussione serena sul tema. Le posizioni sono tutt’oggi aprioristiche e fortemente politicizzate, con la scienza rapidamente esclusa dal dibattito e la popolazione polarizzata su fronti profondamente contrapposti: non c’è il contesto giusto per ragionare di nuove soluzioni e di vecchi referendum.
Sul nucleare la prospettiva è decennale. Sulle nuove aste per le rinnovabili è invece questione di settimane. Il lavoro continua, insomma, e Cingolani non ha alcuna intenzione di lasciare il timone. Almeno fin quando sarà Mario Draghi a dettare la rotta.