Azione e Italia Viva hanno deciso di agire al fine di limitare l’accesso ai social media da parte dei minori. Presso la Camera dei Deputati e il Senato verrà depositata, a breve, una proposta di legge che mira a consentire l’accesso a queste piattaforme solo dai 14 anni in su. Ecco cosa ne pensano Matteo Richetti, capogruppo di Azione-Iv, e coloro che l’hanno presentata a Montecitorio, ovvero Carlo Calenda, Mara Carfagna, Elena Bonetti e Giulia Pastorella.
Niente social agli under-13: la proposta
Durante la conferenza, i rappresentanti di Azione-Iv sono stati piuttosto chiari: per loro, la situazione della famiglia media italiana è a oggi preoccupante, in quanto già dagli 11 anni in poi i minori si iscrivono alle piattaforme social, finendo per trascorrere anche più di tre ore al giorno guardando lo schermo degli smartphone. La dipendenza dai social network come Facebook, Instagram e TikTok porta dunque a un aumento dei casi di depressione, disturbi del sonno, dell’alimentazione e anche cyberbullismo.
La rete è in effetti un luogo che non perdona, specialmente sui social, dove è sufficiente un nickname per nascondersi e sentirsi tutelati nel lasciare commenti poco gradevoli ad altri utenti dall’età non determinata.
L’idea di Azione-Iv, pertanto, è quella di alzare l’età minima per il consenso al trattamento dei dati, portandola da 14 a 15 anni. Tra i 13 e i 15 anni, invece, dovranno essere i genitori a esprimere il consenso per l’accesso ai social, tramite un processo di certificazione dell’età ancora da pianificare, progettare e implementare. La verifica dovrebbe avvenire grazie a una terza parte (operatori o Identity Provider accreditati), nel modo più sicuro possibile e con una quantità minima di informazioni impiegate, per tutelare la privacy delle famiglie.
La proposta segue l’esempio francese, dove una legge recentemente approvata vieta l’accesso ai minori di 15 anni e prevede controlli severi sull’età da parte dei social stessi. Ogni violazione porterebbe a sanzioni nei confronti dei gestori stessi, che potrebbero arrivare fino al 4% del loro fatturato.
Secondo quanto affermato da Calenda e Carfagna, i social media costituiscono un problema per il benessere mentale dei giovani, da affrontare anche con una massiccia campagna informativa.