Al Nokia Research Centre di Cambridge c’è una visione che presto si trasformerà in realtà. Dai 3 ai 5 anni per portare sul mercato un cellulare che si ricarica da solo , sfruttando le onde elettromagnetiche che ci circondano tutti i giorni. Quelle provenienti da altri dispositivi mobili, apparecchi TV e punti d’accesso WiFi, per intenderci. Mettere, quindi, in soffitta le prese elettriche per una tecnologia ambiziosa ed ecologica, in continuo standby a basso consumo.
L’idea dell’azienda finlandese non è, tuttavia, nuova. Anche i tag RFID ( Radio Frequency Identification ), infatti, riescono a convertire il segnale elettromagnetico in elettricità. Lo sanno già bene gli animali domestici con i loro chip impiantati per il riconoscimento: ed è proprio sulla conversione che i ricercatori di Cambridge stanno incontrando le difficoltà più ardue.
Il dispositivo di Nokia può esistere grazie ad un’antenna a banda larga e due circuiti molto semplici. La prima permette di raccogliere una grande quantità di frequenze (da 500 megahertz a 10 gigahertz), mentre il circuito alimenta la batteria del cellulare.
La chiave di volta di tutto il processo è, tuttavia, un semplice principio: l’energia usata per la ricarica deve essere minore di quella incamerata dall’ambiente esterno. Attualmente, spiega il leader del team di ricerca Nokia Markku Rouvala , il prototipo è capace di generare un’energia di 5 milliwatt. Non bastano. Sono insufficienti per caricare un telefono cellulare spento o in standby . L’obiettivo sensibile, a Cambridge, è di arrivare nel breve periodo almeno a 20 milliwatt per poi toccare i 50 necessari per la ricarica. Solo così sarà possibile assistere alla nascita di un nuovo tipo di telefonino, senza più caricabatterie e consumi energetici eccessivi. ( M.V. )