Milano – Prima dell’estate ci siamo lasciati con la proposta di un ” percorso di buon senso ” per aiutare chi vuole usare la rete a scopi di marketing e comunicazione, con l’idea di approfondire i vari aspetti nelle prossime settimane. Il primo passo di questo percorso, indispensabile per impostare correttamente qualunque azione, è l’ascolto. A luglio scrivevo: “In rete le persone parlano di qualunque cosa, quindi anche dei prodotti che usano. Anche dei tuoi. È la prima cosa da capire ed è quella che puntualmente viene ignorata. Puoi permetterti di tacere, ma non puoi permetterti di ignorare quello che viene detto di te.” In teoria nessuno discute l’importanza dell’ascolto; in pratica quasi nessuno riesce a tacere e a fare attenzione e, come spesso accade, per mettersi la coscienza a posto ci si convince di stare ascoltando quando in realtà si continua a urlare. Come per esempio in questo caso:
“Abbiamo pensato di coinvolgere il consumatore nella genesi del prodotto, lasciando a lui la possibilità di suggerire il nome del nuovo frollino attraverso una campagna di e-mail marketing che ha coinvolto 40.000 nostri clienti. La redemption ottenuta, 15% di risposte per 21.000 suggerimenti totali, dà la misura di quanto il pubblico voglia entrare in relazione diretta con la marca, fare in qualche modo parte della vita di un brand. Nella seconda fase del concorso, è stato sempre il pubblico a votare tra cinque finalisti il nome definitivo». Il nuovo frollino – che dopo un autentico plebiscito si chiamerà Girotondi – arriverà in distribuzione tra la fine di agosto e l’inizio di settembre, mentre in termini di advertising a supporto si dovrà attendere il 2009.”
(da Alice tramite http://www.minimarketing.it/2008/09/alixir-parte-seconda.html )
È questo il modo giusto per “ascoltare” e “far parlare” i clienti? Ovviamente no. Chiedere ai clienti come chiamare un frollino non significa ascoltarli. Chiedere qualunque cosa significa orientare la conversazione, così come manifestare la propria presenza può influenzare la libertà di chi parla.
Internet permette alle aziende di far qualcosa che prima non si poteva, e cioè di ascoltare le conversazioni spontanee di persone libere di esprimersi e che lo fanno solo se e quando ne hanno voglia. Ascoltarli e capire cosa stanno cercando di dire non è affatto un’attività passiva, non vuol dire solo stare zitti mentre qualcun altro parla. Ascoltare è un impegno che presuppone empatia e rispetto.
Possiamo identificare 5 regole dell’ascolto emotivamente intelligente:
– le conversazioni monitorate devono essere spontanee e non provocate
– è indispensabile imparare a distinguere le idee (buone anche se espresse da una persona sola) dalle critiche (importanti solo se condivise)
– esserci è importante, manifestarsi (anche in privato) può diminuire la libertà di espressione
– l’ascolto deve raccogliere tutti gli spunti che si presentano, non solo quelli che in quel momento serve approfondire
– è importante identificare e ignorare gli elementi di disturbo (troll, persone in malafede, persone con interessi diversi dalla conversazione)
Gli stimoli che nascono dall’ascolto silenzioso delle conversazioni spontanee sono un capitale di informazioni facile da trovare e difficile da utilizzare e da cui è molto facile lasciarsi fuorviare: se vogliamo paragonarli alle ricerche di mercato siamo più dalle parti di un focus group che di una ricerca quantitativa. Non possiamo e non dobbiamo prendere alla lettera centinaia di pareri di personale, al contrario possiamo e dobbiamo lasciarci ispirare e guidare dalle centinaia di spunti, suggestioni e critiche che emergono disordinatamente.
Da un punto di vista operativo la prima cosa da fare è trovare gli ambienti di rete in cui si parla del vostro prodotto, marchio, argomento.
Una volta familiarizzato con le loro caratteristiche è indispensabile seguire tutte le conversazioni per almeno tre mesi, fino ad arrivare a una mappa dei temi, dei protagonisti e degli interessi. Bisogna imparare a capire chi è e quanto pesa chi parla, come le relazioni del gruppo influenzano i contenuti espressi, se e quanto i pareri sono competenti o superficiali. Bisogna entrare in tanti mondi diversi quanti sono gli ambienti identificati e bisogna entrarci col cuore, con la pancia e solo dopo con la testa e un file excel.
Per una prima sgrossatura degli ambienti e degli argomenti i motori di ricerca specializzati nel filtrare le conversazioni possono dare un grosso aiuto, anche se già nelle impostazioni dei filtri e delle query è necessario un input competente sia nell’argomento indagato sia nei social media. È più facile seguire le tracce lasciate da un brand o da un prodotto che ricostruire le conversazioni intorno a un tema: in ogni caso l’utilizzo di piattaforme software come BlogMeter può aiutare moltissimo.
Il valore aggiunto però dipende esclusivamente dalla competenza di chi ascolta e sintetizza: dev’essere una persona che conosce bene l’ambito di riferimento ma anche capace di interpretare mondi chiusi come un forum, interrelati come insiemi di blog, frammentati come i social network e nello stesso tempo abbastanza flessibile da analizzare ogni ambiente e ogni situazione nelle sue specificità, facendo attenzione più alle eccezioni che alle regolarità.
L’ultimo scoglio è quello della rappresentazione dei risultati, perché un’eccessiva sintesi può penalizzare la ricchezza dei contributi: vengono in aiuto strumenti come le tag cloud e le reti di relazioni, che possono aiutare a visualizzare la massa di informazioni in arrivo dalla rete. L’ascolto poi dovrebbe essere un’attività continuativa, per cui ha molto senso individuare dei concetti chiave e misurare gli eventuali cambiamenti, ma sempre ricordando che l’obiettivo di questa attività non è una misurazione quantitativa, ma la raccolta di una serie di stimoli, idee e suggestioni da sintetizzare e utilizzare con passione e creatività per migliorare i prodotti e il modo di comunicarli.
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