Un libro abbastanza diffuso ai tempi in cui iniziavo a lavorare in pubblicità (1988) ha un titolo decisamente rivelatore: “Don Giovanni o Pavlov? I due volti della comunicazione pubblicitaria”. Il libro era una buona divulgazione dell’applicazione dei principi della terapia strategica alla comunicazione pubblicitaria, e ritengo possa essere utile ancora adesso: a essere invecchiato male è il titolo, o meglio la metafora che lo sostiene.
Vent’anni fa si passava da una comunicazione pubblicitaria pavloviana, stimolo-reazione, a una comunicazione pubblicitaria seduttiva: far vedere il prodotto enne-milioni di volte non era più sufficiente, era necessario corteggiare il cliente, farlo sognare, farlo sentire desiderato. A vederlo in retrospettiva questo avvicinare la pubblicità a un dongiovanni sembra più che altro un’ammissione di colpa: troppo spesso in questi vent’anni noi clienti siamo stati sì sedotti, ma anche abbandonati. L’importante è vendere, l’importante è portarci a letto: la mattina dopo non solo non c’è nessuna telefonata, ma a volte non c’è neanche risposta se telefoniamo noi (o, se c’è, ha toni molto diversi dalle dolci paroline di quando ancora non avevamo ceduto).
Se questo è tollerabile – anche se solo per abitudine – per la comunicazione di massa, quando la seduzione avviene sui media digitali la delusione del giorno dopo è decisamente meno accettabile, qualunque sia l’equivalente del “firmi qui sulla riga tratteggiata”: un acquisto, un like, una registrazione o un contratto.
Chiamata da Webank a rispondere alla domanda “ma le aziende hanno davvero bisogno dei social media?”, non posso che rispondere con tutta semplicità che: sì, le aziende ne hanno davvero bisogno, ma non sempre se li possono permettere.
Le strade sono due: o le aziende rinunciano all’approccio seduttivo, e quindi sono capaci di convincerci e vendersi solo con la nuda e cruda qualità del prodotto o del servizio, oppure la piantino di fare i dongiovanni e imparino a coltivare davvero il quotidiano di una relazione, con alti e bassi, parole dolci e litigate, attenzione, pazienza e rispetto.
Questo vuol dire anche la ricerca della coerenza tra la personalità che usi per venderti e quella che metti in pratica nel quotidiano, pratica indispensabile soprattutto se sei una banca, una compagnia telefonica o un prodotto con cui i clienti dividono le giornate. Il rischio altrimenti è quello di finire come un seduttore che alla prova dei fatti si rivela assai poco dotato, con l’aggravante dello Share this .
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