Milano – Ci sono due motivazioni alla base delle scelte che l’azienda media compie in rete: “lo fa qualcun altro” oppure “siamo i primi a farlo!!!”. L’ossessione tipicamente markettara del “me too”, nella situazione tipica da quattro passi nel delirio che caratterizza ormai qualunque processo aziendale, si sposa con l’ossessione infantile tipica del manager medio di poter dire al superiore di aver fatto qualcosa che nessun altro mai, ma senza correre rischi. Nella mia vita professionale ho incontrato clienti sinceramente convinti di essere stati “i primi ad avere un blog”, scelta fatta per inseguire un concorrente, o di fare qualcosa senza senso “per mettere in atto un posizionamento innovativo”, cioè utilizzare soluzioni ormai quotidiane per milioni di persone da secoli, quasi sempre – pare lo facciano apposta – inadatte alla situazione contingente.
Delle due l’una: o il management medio non solo italiano condivide un unico neurone, e neppure funzionante, oppure il mondo della rete, con i suoi valori e il suo linguaggio, è talmente lontano dal mondo delle aziende che alla fine uno dei due sostituirà l’altro. Attività che un adolescente medio neanche sveglissimo porta a termine in un pomeriggio, che ne so, installarsi WordPress e scegliersi un template, a un’azienda veloce porta via come minimo un mese, e vi assicuro che dover spiegare – per ore – a persone adulte che una foto rettangolare non può stare in uno spazio quadrato genera immagini mentali poco gradevoli per una persona gentile.
Quando leggo su PI che British Telecom sta per testare un sistema di tracking delle navigazioni che permetterà di proporre ai visitatori (disposti a farsi monitorare) annunci pubblicitari mirati, l’immagine del bambino scemo che cerca di infilare un piolo quadrato in un buco tondo torna a riproporsi con violenza, ma forse il bambino scemo stavolta sono io.
Non è certo British Telecom la prima azienda a proporsi come hub pubblicitario per il “behavioural marketing”, ma sarà sicuramente la prima a chiedere in anticipo agli utenti “vuoi essere spiato?” con tanto clamore. Se è vero che la navigazione rimane anonima, non c’è nessuna differenza con altri sistemi già in atto, e quindi l’unica spiegazione possibile per suggerire il problema agli utenti è un atteggiamento del tipo “siamo i primi a farlo, wow!”. Se invece la navigazione non è anonima, oppure il sistema continuerà a presentare annunci pubblicitari fastidiosi nonostante la personalizzazione, siamo sul fronte “ehi, lo vedi che mi sto preoccupando della tua privacy?” come dicono di fare tutti gli altri. In entrambi i casi non c’è nessuna vera preoccupazione per l’unica esigenza del cliente finale, che non è tanto (o solo) il rispetto dei propri dati quanto soprattutto essere “disturbato” pubblicitariamente solo se c’è un reale vantaggio informativo.
Mafe de Baggis
Maestrini per Caso
Tutti i NoLogo di MdB sono disponibili a questo indirizzo