Sei l’azienda X. Per restare sul mercato devi vendere, e vendere sempre di più. Per farlo ti rendi conto che devi imparare a usare la rete, sia per produrre sia per vendere. Ti ci incarti, non capisci, intravedi possibilità, trasecoli scoprendo che i tuoi clienti parlano di te e spesso dicono cose che non ti piacciono e altre cosa che ti piacciono tantissimo. Intuisci prospettive interessanti, hai fretta, vuoi i risultati. Entri in questo mondo caratterizzato dalla libertà di movimento e di espressione per godere degli effetti positivi di questa libertà, ma applichi gli stessi criteri di controllo e manipolazione così comodi negli altri media. Dici che sei social , ma vuoi solo continuare a ripetere ossessivamente il tuo messaggio. Proclami il tuo interesse per la simmetria del rapporto ma pretendi di imporre e misurare e determinare ogni minima reazione, se non riesci chiudi, proibisci, annaspi.
In psicologia dire una cosa e farne un’altra si chiama doppio legame ed è considerato una delle cause della schizofrenia: tecnicamente è una situazione in cui un destinatario riceve contemporaneamente due messaggi contraddittori. Nella sua formulazione originale, dovuta a Gregory Bateson, l’incongruenza è tra il messaggio esplicito e gli altri canali comunicativi, come il tono di voce, i gesti, i comportamenti impliciti. Posso dirti “mi piaci tantissimo” fino a perdere la voce, ma se mentre lo dico indietreggio e respingo una carezza esprimo anche il messaggio opposto.
In casi meno gravi il doppio legame prende la forma più blanda di messaggio conflittuale, creando semplicemente delle false verità: se separiamo il contenuto del messaggio dal comportamento collegato, come capita regolarmente quando questo messaggio viene pubblicato, la sintesi di queste mezze verità tende a creare dei falsi miti, come spiegato molto bene qui da Gigi Tagliapietra .
Questo è più il caso della controparte, in questo caso noi, che certo non aiutiamo l’azienda X a capire come muoversi. Sono anni che ci lamentiamo che le aziende non sanno usare la rete, non la capiscono, la usano solo per i banner, eppure quando cercano di fare qualche timido passo nella rete “vera” li bastoniamo senza pietà, molto spesso per partito preso o con motivazioni pretestuose. Critichiamo l’arretratezza del marketing nell’uso della rete, ma anche qualunque iniziativa abbia luogo in rete da parte del marketing.
I falsi miti sono tanti e non aiutano a migliorare una situazione già di per sé compromessa, in cui entrambe le parti tendono a generalizzare la propria opinione invece di analizzare a fondo le singole situazioni nella loro specificità.
Per esempio è opinione comune che i messaggi pubblicitari siano fastidiosi anche perché poco rilevanti e troppo generici, ma quando viene proposto di ricevere messaggi personalizzati in base a dati raccolti in forma anonima i partecipanti a un’indagine rispondono così :
il 57% non si dichiara contento del fatto che si usino di dati della propria cronologia di navigazione per mostrare pubblicità interessante, anche quando le informazioni sono trattate in modo anonimo e non contengono “dati personali”
e
Il 42% di consumatori invece preferirebbe che i pubblicitari non tracciassero la loro navigazione sul web, anche se questo comporta dover ricevere pubblicità a cui non sono interessati.
Non si può neanche concludere che è meglio che le aziende stiano lontane dalla rete e non invadano i nostri spazi anche qui (posizione rispettabilissima che in molti ambiti condivido): un altro piccolo doppio legame è che diamo per scontato lo scarso interesse di chiunque alle forme di promozione pubblicitaria, eppure i siti di molte aziende sono visitati ogni giorno da migliaia di persone che si espongono volontariamente ai loro prodotti.
Secondo Bateson però il doppio legame poteva anche essere creato apposta a scopo di cura. Da questo punto di vista lo spirito di ogni attività di digital marketing dovrebbe essere riassunto così: far sì che una persona interessata a un brand trovi facilmente qualunque cosa cerchi, senza infastidire gli altri.
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