La crisi in corso non ha fermato del tutto Silicon Valley: Facebook ha offerto 500 milioni per l’acquisizione di Twitter (che ha appena acquisito Value of N ). L’operazione in sé non meraviglia particolarmente: Twitter è uno dei social network emergenti più innovativi e interessanti, Facebook ne teme la concorrenza soprattutto per lo “status update” ed è probabilmente interessata anche alla creatività del team di Twitter, Evan Williams in testa.
Questi 500 milioni però non sono cash: in un certo senso non sono neanche “veri”, perché consistono al 100% in azioni di Facebook (cioè in capitale di rischio), il cui valore oscilla e non necessariamente verso l’alto insieme alla crisi del mercato finanziario degli ultimi mesi. Vista con gli occhi dell’uomo della strada è l’ennesima dimostrazione dell’esistenza di due tipi di denaro: un denaro virtuale, con cui si possono comprare aziende, e un denaro contante, con cui compriamo il pane e il latte.
Facebook può offrire a Twitter (che comunque rifiuta) una scommessa sul suo futuro, io non posso andare da Zara chiedendo di pagare con un anticipo sui miei possibili guadagni futuri (per ora).
Dico per ora perché la cosa interessante è che entrambi i tipi di denaro sono ormai in gran parte digitali . Non è un cambiamento da poco perché potrebbe aumentare i soggetti in grado di “produrre denaro” (attualmente solo le banche nazionali) e forse – forse – permettere anche a noi di pagare con l’equivalente personale delle azioni di Facebook, e cioè con una scommessa sul nostro valore futuro.
Ci sono timidi segnali infatti che la digitalizzazione del denaro non vada solo a vantaggio della finanza – i cui recenti disastri hanno dimostrato l’inconsistenza della moltiplicazione del valore inesistente – ma anche di noi comuni mortali: è lecito ipotizzare che nei prossimi anni assisteremo a un aumento notevole dei fenomeni di peer2peer money che, esattamente come è successo per i contenuti digitali, cambieranno gli equilibri a favore dei consumatori, non più dei produttori.
Come ci siamo detti ormai un anno fa , fare marketing non consiste tanto nel promuovere un prodotto esistente, ma nel decidere quale prodotto mettere sul mercato: da questo punto di vista Internet è uno degli ambienti più fertili per la creatività industriale, perché permette di creare prodotti/servizi letteralmente impossibili prima, come la distribuzione e lo scambio – gratuiti e non – di musica digitale, o come la disintermediazione dei tradizionali sistemi di circolazione del denaro. Il social lending e il microcredito diffuso sono figli della rete tanto quanto i blog e l’e-commerce: il crescente successo di un sito come Zopa , dove è possibile prestare o prendere in prestito da altre persone sfruttando la coda lunga del rischio, dimostra che basta un momento di scarsa liquidità delle banche perché nuovi sistemi emergano e si impongano grazie alla loro maggiore convenienza e, se vogliamo, umanità. Questo vale ancora di più per il microcredito, che sia rivolto soprattutto a imprenditori del terzo mondo come nel caso di Kiva o a realtà più ludiche come nel caso di Fundable . Anche perché, ricordiamocelo: il denaro è una convenzione.
Quello che caratterizza queste e altre iniziative, soprattutto considerando la crisi del sistema finanziario tradizionale, è che potrebbero essere le basi su cui costruire modelli alternativi non solo di circolazione ma anche di produzione del denaro, modelli che mutuano le dinamiche di condivisione, fiducia e generosità dei social media, diminuendo la quota di profitti per pochi e aumentando il valore sociale per tutti.
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