Sabato 18 luglio mi si rompe la macchina a Orvieto. Chiamo una nota società di soccorso stradale, mi metto d’accordo per un carro attrezzi, chiedo l’auto sostitutiva . Mi chiedono in che officina voglio portarla, opto per una autorizzata perché a Orvieto non conosco nessuno, la macchina è di mia madre, meglio star tranquilli. La sostitutiva però – prevista da contratto – non me la possono dare, perché gli autonoleggi sono già chiusi.
La mia fiducia nel soccorso stradale (un servizio utile a un costo ragionevole) si incrina, ma non cede. Il carro attrezzi, chiamato alle 12, arrivata alle 16:30. La mia fiducia nel soccorso stradale vacilla, ma d’altra parte dovevo solo andare a un matrimonio alle 17, non ero bloccata in autostrada, mantengo (si fa per dire) la calma. Mi promettono la macchina per le 13 di lunedì, il che mi avrebbe permesso di essere per le 15 a Roma come necessario, mi raccomando. Mi assicurano (a voce, nessun documento), mi fido, cerco di organizzarmi per gli spostamenti.
Lunedì alle 11 chiamiamo la concessionaria autorizzata di Orvieto, dove l’auto di mia madre non è mai arrivata. Mi suggeriscono – con tono seccato – di sentire un’altra officina, dove pare mandino tutte le macchine del soccorso stradale. La macchina è lì, pare abbia un problema enorme, hanno dovuto smontare tutto, consigliano di sostituire la frizione, comunque non sarà mai pronta per le 13. Sarà pronta – dicono – alle 18:30, ma quando andiamo a ritirarla presenta lo stesso difetto del sabato: il pedale della frizione non risponde.
Ci riproviamo, e va meglio, la mattina dopo: 500 euro e passa, 130 euro di taxi, due giornate di lavoro perse (anche se nel frattempo sono riuscita ad ammalarmi). Secondo l’officina di fiducia di mia madre, a Taranto, il problema della frizione, risolto con la sostituzione di un piccolo componente e della pompa della frizione, era risolvibile in un paio d’ore e spendendo una cifra irrisoria.
Storie di tutti i giorni, e perché parlarne qui? Perché parlarne qui potrebbe aiutarci tutti a farle diventare storie di altri tempi. Lo sta già facendo. Perché io sono infuriata con la nota società di soccorso stradale, non con l’officina, perché non ha curato l’ultimo pezzo del suo (ottimo) servizio: l’anello debole di un sistema di gestione di emergenze abbastanza complesso, in questo caso il carro attrezzi. Il proprietario del carro attrezzi ha anche un officina, e perché mai dovrebbe portare un cliente da un concorrente? Perché non approfittarsi di una persona in difficoltà, innervosita, fuori zona, che non vede l’ora di riavere la sua macchina e tornare a casa?
Forse perché questa persona lo racconterà su Internet. E su Internet io non lo racconto solo ai miei amici: lo racconto a chiunque passi dal mio blog, da Twitter, da Facebook, da qui. E se uno non ci passa, quello che racconto viene indicizzato da Google.
Moltissimi problemi di reputazione sono problemi dovuti ad anelli deboli della catena del valore: il meccanico che guida il carro attrezzi, il direttore di filiale che ti rifiuta un bonifico perché non ti conosce (ma si guarda bene dal chiederti la carta d’identità), la segretaria che chiude prima del previsto, il commesso con l’ascella pezzata, l’estetista invadente, la cassiera lenta. Molto spesso persone mal pagate, mobbizzate, magari dipendenti di una piccola società che vive di una commessa in outsourcing, senza nessun legame con la casa madre. Pensateci quando risparmiate sui costi del personale.
Internet mette in crisi il marketing basato sull’ignoranza e sulla solitudine, perché chi subisce un torto fino a poco fa lo raccontava ai suoi quattro amici, chi subisce un torto oggi può farlo sapere anche a chi non conosce. Forse così chi decide capirà che deve investire per rafforzare tutta la catena del valore in tutti i suoi punti, senza lasciare buchi, anzi, che la chiave di tutto, nei servizi, sono esattamente gli anelli deboli, quelli a contatto con la clientela, sono quelli che fanno la differenza e lasciano l’ultimo ricordo.
Invece di investire milioni di euro per avere brand forti, invece di spaccarvi la testa per capire come usare Internet per comunicare, preoccupatevi che tutti gli anelli deboli tengano, altrimenti – grazie a Internet e a ai social media – oggi state buttando i vostri soldi, che finiranno come l’acqua in una rete idrica che perde, mentre vi state chiedendo se forse dovevate aprire una pagina di Facebook o scegliere un altro testimonial per la nuova campagna pubblicitaria.
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