Ascolto, presenza, informazione, servizio e socialità : siamo giunti alla fine di un percorso per utilizzare con intelligenza Internet come strumento di marketing e stiamo per iniziarne un altro, quello che ci porta a progettare, realizzare e gestire una community online. Certo, la socialità è un punto d’arrivo in cui un’azienda può limitarsi a essere presente e pronta ad ascoltare e a rispondere: qualunque passo ulteriore dev’essere fatto tenendo presente le regole del gioco della socializzazione in rete, molto diverso da quelle della comunicazione di massa.
Sempre più aziende comunque sono pronte a mettersi in gioco entrando in relazione diretta e orizzontale con i propri clienti: usare i social media dà parecchie soddisfazioni sia in termini di risultati concreti che di finestre di nuove opportunità.
La socialità online si può vivere con piena spontaneità, limitandosi a raccogliere gli spunti offerti dalle community naturali e a intervenire se e quando opportuno o desiderato. Si può far evolvere la presenza aziendale anche solo raccogliendo gli spunti dei clienti, che possono esplicitamente richiedere un rapporto più caldo con le persone responsabili dei prodotti che usano.
In moltissimi casi però può essere consigliabile progettare un ambiente ad hoc in cui accogliere i propri clienti e far vivere loro online un’esperienza affine a quella dei propri prodotti. In questo caso è molto importante definire due aspetti: qual è l’oggetto socializzante intorno al quale aggregare le persone e a quale motivazione dei destinatari finali questo ambiente risponde. Si deve fare cioè esattamente il contrario di quanto si fa di solito, che è partire dagli obiettivi dei destinatari: più traffico, più pagine, più visite, più vendite.
Progettare e gestire una community puntando solo a raggiungere i propri obiettivi significa boicottare fin dall’inizio qualunque chance di successo: quello che conta è individuare e proporre la realizzazione degli obiettivi di chi la community dovrà frequentarla. Più questi obiettivi saranno realistici, caldi, ben comunicati e ben soddisfatti, più facile sarà raggiungere quelli per cui la community viene sviluppata. Bisogna in altri termini progettare un ambiente dove le persone, facendo quel più piace loro, fanno quel che più piace all’azienda.
Vitale da questo punto di vista la definizione dell’oggetto socializzante, cioè quell’elemento caldo e passionale in cui le persone si riconoscono e sentono un legame con gli altri che ci si riconoscono. Alcuni prodotti sono oggetti socializzanti naturali, perché scatenano passioni forti e grandi desideri: alcune automobili, alcuni marchi tecnologici, molti stilisti, sicuramente tanti prodotti dell’industria culturale come autori, cantanti o film.
In altri casi il prodotto di per sé è freddo e poco caratterizzato: in questo caso la definizione dell’oggetto socializzante richiede solo un po’ di fantasia in più. Per uno spazzolino da denti potremo creare la community del sorriso, per un divano quella dei pigri, per una pentola quello degli appassionati di cucina, per un telefonino quella dei chiacchieroni, e così via.
Una volta individuato e descritto, l’oggetto socializzante va declinato in un concept editoriale, che immagina e racconta ciò che le persone appassionate di questo particolare “oggetto” vorranno fare, dire, sapere, condividere. Questi passaggi sono preliminari al progetto tecnologico, che è l’equivalente di un mezzo di trasporto: prima ancora di decidere quali strumenti usare è indispensabile definire il “community mix” di possibili storie da vivere. Un po’ come gli elementi del racconto, che pur essendo finiti danno vita a infinite combinazioni: questa metodologia ci permette di sviluppare community molto diverse tra di loro pur avendo a disposizione sempre gli stessi strumenti.
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