È arrivato Kindle e gli editori italiani non hanno niente da mettersi, o quasi. Sono stati chiaramente presi alla sprovvista: chi avrebbe mai potuto immaginarlo? È un po’ come quando ti lascia il fidanzato, che la reazione è “ma come, così, all’improvviso?”. Poco conta che fossero mesi, se non anni, che ti dava segnali inequivocabili: quando succede qualcosa che non volevi ti sembra sempre inaspettata. Tipo che arriva Kindle e gli italiani se lo comprano pure, apparentemente già dimentichi del fascino della carta e poco preoccupati dalla scarsa disponibilità di titoli nella nostra lingua.
Mettiamo da parte per un attimo l’oggetto in sé, che è un chiaro device di transizione che tra l’altro cerca – sbagliando – di imporre un formato proprietario. Kindle è un po’ come il Walkman, abbastanza funzionale da farti appassionare all’idea di portarti dietro la musica, ma niente in confronto all’iPod. Ha una leggibilità piacevolissima, grazie all’inchiostro elettronico che permette una risoluzione pari alla carta, ma l’interfaccia hardware e software ha enormi margini di miglioramento.
Il punto è che questo device di transizione è già adesso un enorme successo commerciale : si appresta a essere il regalo natalizio più atteso e ha dimostrato che chi legge molto è pronto a farlo anche su supporti diversi dalla carta.
Chi compra un Kindle poi compra anche dei libri: il mercato è di chi ha i titoli pronti per essere venduti, non di chi è stato fermo nelle retrovie a sbirciare cosa succede, sniffando carta per farsi coraggio. Coraggio per cosa, poi? Per paura di far la fine dell’industria discografica? Per paura della pirateria? L’industria discografica ha accelerato la propria crisi sprecando energie a combattere la pirateria e a complicare la vita dei propri clienti con il DRM e legislazioni punitive.
Non solo non ha funzionato, ma probabilmente era l’obiettivo sbagliato: per quanto riguarda i libri una ricerca basata sull’esperienza ÒReilly dimostra che la pirateria può addirittura far aumentare le vendite .
Quello che sorprende è la renitenza ad accettare un nuovo mercato, un mercato potenzialmente enorme che non si limita alla pura trasposizione di un testo in un nuovo formato, comunque vissuta come un ostacolo insormontabile. Come dimostra l’accordo fatto da Simplicissumus Book Farm e FIDARE ( Federazione italiana editori indipendenti ) la conversione di cataloghi eterogenei in formati digitali adatti agli ebook reader disponibili è possibile utilizzando piattaforme già esistenti come Stealth .
Quello che sorprende ancora di più è che gli editori sembrano concentrati quasi esclusivamente su problematiche tecnologiche: se non è la conversione del formato, è la produzione del lettore. L’Associazione Italiana Editori a marzo ha proposto un corso di formazione: a marzo, ma su cosa? Su “Ebook: il mercato, i device e gli standard di produzione”. E il contenuto?
Io pensavo che gli editori di lavoro producessero libri, ma non nel senso di stamparli su carta. Io pensavo che un editore selezionasse degli autori, li aiutasse (chi più chi meno) a dare un senso compiuto alle loro opere, poi una forma e poi un canale di vendita. Senza romanticismi, con molto spirito pratico, pensavo che la forma che un libro ha fosse importante, ma che il protagonista fosse il contenuto.
Il nuovo mercato aperto dal Kindle non è solo la disponibilità dei libri come li conosciamo in un formato diverso: è la possibilità di dare un contesto al libro, di farlo vivere prima (se all’autore interessa) e dopo (se al lettore interessa). Il libro digitale è appena nato e cambierà anche il modo in cui le storie vengono pensate e scritte: gli autori hanno a disposizione un ambiente – Internet – in cui i loro personaggi non vengono più “stampati” ma possono prendere vita.
Kindle ha dimostrato che siamo disponibili a leggere in modo diverso: probabilmente la prossima generazione di autori inventerà un modo diverso di farci entrare in una storia. Un modo diverso di scrivere.
Agli editori interessa partecipare all’evoluzione della forma che diamo alla conoscenza e alla letteratura o preferiscono lasciare il compito ad Amazon, Google o Apple?
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