L’altro giorno ho fatto una chiacchierata al telefono con il mio “vicino di PI” Luca Annunziata, a proposito di questo inaspettato regalo legislativo . Il recepimento della direttiva europea che vieta alle aziende di fingersi clienti disinteressati che parlano di un prodotto permette a noi poveretti del “digital marketing” di arginare le pressantissime richieste di “viral marketing”, cioè prendi due stagisti e fai scrivere loro centinaia di messaggi con utenze finte in cui raccontano quanto è fico il prodotto A o quanto fa schifo il prodotto B. Richiesta a cui io ho sempre risposto di no, passando da rigida talebana dell’etica del mezzo: adesso finalmente posso dire “non è solo stupido, non è solo sbagliato, è anche illegale”.
Dopo aver sentito un po’ di retroscena di questo tipo di situazioni, Luca mi ha ripetuto diverse volte “certo che il tuo lavoro non è affatto facile”. In effetti no, anzi, in alcune giornate mi sento più uno psichiatra in un manicomio criminale che una progettista di ambienti digitali con rare occasioni di intromettersi nella strategia aziendale.
Ci sono molte cose del mio lavoro che adoro: rispondere alle mail degli utenti e risolvere i loro problemi, per esempio. In genere mi piace risolvere problemi, lo ammetto. Datemi un problema e io lo smonto e lo rimonto fino a farlo funzionare, godendo molto. Il mio lavoro diventa stressante proprio quando la sabbia che blocca gli ingranaggi ha a che fare con il modo in cui il problema ti viene proposto, soprattutto quando è comprensivo di soluzioni (sbagliate).
In questi dieci anni la situazione è molto migliorata e sempre più spesso ho a che fare con persone che sanno di non sapere, mi pagano perché io so e insieme arriviamo a definire un modo sano di raggiungere un obiettivo, tipo, che ne so, aumentare il traffico su un sito o migliorare la percezione di un prodotto. Un buon cliente ti dà un obiettivo preciso e si aspetta da te che gli spieghi come raggiungerlo e lo aiuti a mettere in pratica quello che gli racconti.
Le soluzioni migliori girano sempre intorno al concetto di gioco positivo, cioè quello in cui vincono tutti: fai felici gli utenti di un servizio e questo servizio avrà successo, facendo felice chi lo propone. Se pensi solo a far felice te stesso, in rete fallisci. Sempre più aziende capiscono questa logica e provano a realizzarla. Moltissime altre no, e di solito lo capisci fin dal primo incontro, anzi, dalla prima telefonata.
Ci sono clienti che ti fanno domande tipo “quanto costa un blogger?”, “quanto ci vuole ad avere una community funzionante?”, “come faccio a far scrivere gratis le persone per me?” o “ce la facciamo in un mese ad andare online”? oppure, la mia preferita, “quali sono gli obiettivi del mio sito?”. È la situazione che io chiamo ” quattro passi nel delirio “: voler definire quanto costa o quanto tempo ci vuole per fare qualcosa senza sapere a cosa serva, cosa debba contenere, che obiettivi abbia, in che logica si muova, insomma, niente, è praticamente impossibile.
A questo punto inizia a lampeggiare un enorme segnale di allarme: se il possibile cliente ti dice “rivediamoci con una proposta grafica” oppure “voglio una ficata” (gli anglofoni ti parleranno di “wow effect”) o ancora “ma se facessimo qualcosa di virale” io infilo l’uscita di sicurezza e scompaio per sempre. Ok, oggi posso permettermelo, ma anche nei momenti bui in cui avrei preso qualunque lavoro dare retta a questi clienti ha sempre significato una cosa sola: tanto lavoro sprecato, molte incazzature e neanche un soldo.
C’è una via di mezzo: il cliente sinceramente spaesato, che ha letto un articolo da qualche parte e adesso vuole capire se questi blog-socialnetwork-twitter-secondlife-facebook hanno qualcosa a che fare col suo business. Perderai un sacco di tempo anche con loro, ma non puoi trattarli male perché non sono pericolosi per l’ecosistema.
Negli anni ho visto che il modo migliore di gestire queste situazioni è semplicissimo: gli chiedi di pagarti una giornata di lavoro per l’analisi. Se non sono disposti a investire neanche questa piccola somma, puoi tranquillamente andare al parco a correre invece di perdere tempo a fargli un’offerta. Se invece proprio non vuoi rinunciare, fagli pure un’offerta, ma che sia altissima. Di fronte a una cifra alta nella migliore delle ipotesi non li sentirai mai più, nella peggiore verranno fuori come per miracolo il budget di spesa (minuscolo), gli obiettivi veri e in qualche caso addirittura dei requisiti concreti di sviluppo del progetto.
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