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di Mafe de Baggis - Cosa ha significato trovarsi a Las Vegas nei giorni del CES e infilarsi nel tritacarne associato all'apparizione di Bill Gates. E cosa ha significato, poi, ascoltarlo
di Mafe de Baggis - Cosa ha significato trovarsi a Las Vegas nei giorni del CES e infilarsi nel tritacarne associato all'apparizione di Bill Gates. E cosa ha significato, poi, ascoltarlo

Sands Expo & Convention Center, The Venetian, Las Vegas, 6 gennaio, ora locale 12:30; i marmi e i tappeti dei sontuosi corridoi che portano agli stand e alle sale delle conferenze sono punteggiati da una strana umanità vestita per tutte e quattro le stagioni, invariabilmente dotata di zaino, laptop e/o macchina fotografica.
Qualcuno dorme con la felpa o il muro come cuscino, molti bevono e mangiano: il bizzarro hotel che pretende di ricreare Venezia al chiuso (con tanto di canali e gondole) sembra un campo di prima accoglienza dopo una catastrofe naturale stile uragano Katrina. Aspettano tutti il keynote di apertura del CES che Bill Gates terrà poche ore dopo, l’undicesimo nonché ultimo come presidente di Microsoft, l’ottavo consecutivo keynote di apertura della più grande fiera di intrattenimento digitale del mondo.

Bill Gates non è una rockstar e non è neanche un guru carismatico come Steve Jobs, ma queste persone sono in fila per fare la fila per ottenere il ticket per poter fare la fila per entrare e magari scegliere un buon posto, posto che sarà nella seconda metà dell’enorme sala, un posto da cui vedranno Bill solo su uno dei due schermi panoramici.

Al piano superiore qualche ora dopo si forma una fila appena più discreta nei comportamenti, ma molto più snob: giornalisti, analisti, blogger e VIP che hanno accettato di mettersi in coda tra le 15 e le 17 per poter entrare prima degli altri e aspettare un’altra ora e mezza l’inizio del keynote. Arrivo alle 16:30, mi metto in coda, mi stravacco anch’io sul tappeto, mangio una mela, smaglio una calza e mi chiedo perché sono lì invece di approfittare della combinazione saldi+tasso di cambio favorevole in uno dei favolosi mall di Las Vegas. È che spero di essermi sbagliata: spero di lasciarmi sedurre da Bill Gates, spero di essere illuminata, spero di poter cambiare idea, spero che per una volta Bill non cerchi di vendermi niente, almeno, non direttamente.

Un paio di interminabili ore dopo, eccolo: l’uomo più ricco del mondo, l’uomo che molti di noi amano odiare e disprezzare, in maglioncino lilla e la solita faccia da giovane vecchio. Parla per pochi minuti e dice cose che chiunque lavori nella tecnologia potrebbe dire: la convergenza, le interfacce, la semplicità d’uso. Si prende garbatamente in giro, ironizzando sulla prossima pensione, ma il divertentissimo video in cui tra gli altri Bono Vox, Steven Spielberg e George Clooney ironizzano sui suoi tentativi di passare il tempo è come quasi tutta l’esperienza Microsoft: un clone di qualcos’altro (nello specifico, del video di Clinton Last days in office ).

Non ha molto da dire o molta voglia di stare sul palco: dopo neanche un quarto d’ora lascia la parola ai suoi product manager che presentano prodotti già visti, già lanciati, già sentiti (Surface, la Ford Sync , il social network di Zune , i successi della Xbox, le implementazioni future delle interfacce vocali sul telefonino). Perde l’occasione di uscire di scena alla grande, di chiudere la sua carriera senza fare il piazzista, di far dimenticare per un’ora Microsoft e raccontarci come e perché un uomo all’apice della carriera sceglie di fare un passo indietro e di dedicare la seconda metà della sua vita (e gran parte del suo patrimonio) al volontariato. La sua autoironia è apprezzabile ma egocentrica, il suo understatement è solo apparentemente umile: lui è ancora il capo, un uomo che per vincere una scommessa può chiamare sul palco Slash dei Guns’n’Roses , un uomo applaudito fragorosamente da migliaia di persone che si sono fatte ore di coda per beccarsi l’equivalente di una vendita di pentole.

Che bisogno c’è di migliorare prodotto, servizio e user experience quando i tuoi clienti si sottopongono volontariamente ed entusiasticamente a una simile tortura?

Mafe de Baggis
Maestrini per Caso

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Pubblicato il
11 gen 2008
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