Se davvero lavorate nell’IT vi sarà sicuramente capitato di dover spiegare a qualcuno che tipo di lavoro fate. Per me è davvero una bella impresa ed in generale me la cavo con un’espressione generica: “lavoro con i computer”. In realtà il nostro lavoro è qualcosa di molto più complesso che non la semplice “realizzazione di sequenze logiche di operazioni al fine di produrre un risultato finito” (con efficacia ed efficienza, aggiungerei).
Non vado troppo lontano se azzardo un’analogia dicendo che se l’impresa dove forniamo il nostro servizio la paragonassimo ad un mezzo di trasporto, allora l’IT sarebbe l’Ammortizzatore, ovvero la parte deputata ad evitare o ridurre al minimo l’impatto delle ruote con il terreno.
Non avete mai lavorato nell’IT se non avete avuto qualche volta l’impressione che qualcuno stia guidando l’automezzo incurante delle conseguenze delle sue azioni.
Non avete mai lavorato nell’IT se di venerdì o in prossimità delle festività, quasi sempre nel tardo pomeriggio, non avete ricevuto la visita di un “personaggio” che trafelato vi implora di trovare una soluzione al suo problema; questione di vita o di morte.
E non avete mai lavorato nell’IT se, dopo aver sgobbato 20 ore al giorno per l’intera durata delle vostre ferie/vacanze/week-end, lo stesso personaggio non vi dica, come se fosse la cosa più normale e pacifica del mondo, che ciò che avete realizzato o non serve più oppure è passato semplicemente in secondo piano.
Spesso però le cose che l’IT fa, servono e risolvono davvero situazioni “imbarazzanti” e spesso poi la soluzione “tattica”, realizzata in fretta e con fatica, risulta la soluzione vincente, quella che poi diventa lo standard in azienda di come si fanno le cose.
L’IT è cosi, è come il sangue, non si sa com’è fatto, cosa trasporta, chi lo produce, dove va, ed abbiamo solo una vaga idea di a cosa serva, eppure esso è indispensabile alla nostra vita, ovvero al Business dell’Impresa.
Come il sangue, l’IT corre a riparare le ferite che altri hanno procurato e come il sangue l’IT contiene già in sé una serie di anticorpi che permettono di far passare solo alcune cose ed altre no; è una naturale barriera alla nascita di attività ad alto effort e a basso valore aggiunto, cosa che lo rende ancora più prezioso, ed è un partner imprescindibile in tutte quelle attività in cui è necessario calcolare un ROI e valutare i rischi.
Non avete mai lavorato nell’IT se qualcuno non ne è mai entrato nella vostra stanza con un “problema” e ne sia uscito con le idee un po’ più chiare e con la consapevolezza che spesso ciò che si chiama “problema” è solo una mancanza d’organizzazione del lavoro che nessun tool potrà mai compensare.
Essere dei risolutori di problemi è di certo la missione dell’IT, fornire soluzioni è il nostro mestiere eppure la qualità maggiore che occorre possedere per fare questo lavoro appartiene a quell’insieme di fattori che si definiscono soft skills. Mi riferisco alla capacità d’intendere non quello che il nostro cliente/utente/committente dice, ma quello che pensa di averci detto!
La seguente storiella è un esempio folgorante di ciò che ci accade tutti i giorni.
Un tipo sta guidando la macchina quando, ad un certo punto, capisce di essersi perso. Avvista un signore che passa per strada, accosta al marciapiede e gli grida: “Mi scusi, mi potrebbe aiutare? Ho promesso ad un amico di incontrarlo alle due, sono in ritardo di mezz’ora e non so dove mi trovo”.
“Certo che posso aiutarla. Lei si trova in un’automobile, a 44°30’18” di latitudine Nord e 18°36’20” di longitudine Est, sono le 14 e 23 primi e 35 secondi e oggi è lunedì 7 aprile 2008 e ci sono 20,3 gradi centigradi”.
“Lei è un Engineer?” – chiede quello dentro l’automobile.
“Certamente. Come fa a saperlo?”
“Perché tutto quello che mi ha detto è tecnicamente corretto, ma praticamente inutile. Infatti, non so che fare con l’informazione che mi ha dato e mi ritrovo ancora qui perso per strada!”
“Lei allora deve essere un utente/cliente/committente, vero?” – risponde stizzito l’Engineer.
“Infatti, lo sono. Ma…. da che cosa l’ha capito?”
“Abbastanza facile: lei non sa dove si trova, né come ci è arrivato, né tanto meno dove andare, ha fatto una promessa che non sa assolutamente mantenere ed ora spera che un altro le risolva il problema; di fatto è esattamente nella merda in cui si trovava prima che ci si incontrasse… ma adesso, per qualche strano motivo… risulta che la colpa è mia!”
Non siete dell’IT se, quando v’accade di avere davanti questi personaggi, non vi sorprendete a girarvi per capire se dietro la vostra scrivania qualcuno non abbia per caso appeso un cartello con su scritto “Genio della Lampada”: domandare per ottenere ciò che si vuole che accada.
Se fossimo una famiglia, l’IT sarebbe la mamma, il cui scopo è quello di raggiungere la soluzione per alleviare un disagio, non certo quello di cercare le colpe; sempre paziente, sempre accomodante, sempre pronta al sacrificio personale per il bene comune, a costo di rimetterci di persona.
Chi ha lavorato in un Helpdesk sa bene di cosa sto parlando.
U. Il mio computer non funziona.
H. Perché dice questo?
U. Non stampa (perciò è la stampante che non funziona, ma qui si sta sottilizzando!), premo il tasto e non stampa.
H. Ha acceso la stampante ?
U. Penso di aver trovato il problema, grazie.
Forse l’IT è solo un bravo diagnostico, un freddo e logico Dott. House che sa come interpretare i comportamenti dei propri pazienti e che basa la sua professionalità su una Socratica certezza: “Nel lavoro come nella vita, per avere le giuste risposte, occorre solo fare le giuste domande”.
I precedenti interventi di G.C. sono disponibili a questo indirizzo