Caro Punto Informatico, ti scrivo, dopo tanto tempo, senza mai aver smesso di leggerti, nel tentativo di approfondire l’ultimo pregevole e importante “Contrappunti” di Mantellini . Massimo, giustamente, lamenta la qualità dei contenuti disponibili online e accessibili attraverso le connessioni a banda larga. Il problema sollevato è di fondamentale importanza, ed è solo per articolarlo ulteriormente, che mi permetto di proporre qualche considerazione aggiuntiva.
La connessione ADSL presuppone l’utilizzo della banda a disposizione dell’utente per il download di contenuti: l’utente evoluto che volesse distribuire contenuti multimediali trova già una barriera nel costo della connessione e dello spazio per distribuire i contenuti.
È stato detto che la diffusione di questo tipo di connessioni con banda asimmetrica fosse necessario, dovendosi scegliere tra banda in download e banda in upload. Non so dire se questa fosse tecnicamente l’unica soluzione, o la più conveniente per ampliare l’utenza dotata di banda larga: sicuramente però, questo tipo di connessione definisce anche un modello di fruizione di contenuti.
Che sia voluto e pianificato o meno, siamo quindi davanti a un modello “industriale” di distribuzione di contenuti, pianificato e diffuso capillarmente su scala non nazionale, bensì internazionale.
L’orientamento della diffusione di contenuti multimediali è indirizzato verso la cosiddetta i-TV, la televisione interattiva. Il grado di interazione dell’utente spazia dal semplice utilizzo di piattaforme come ad esempio l’MHP, implementabile all’interno dello standard DVB, fino alla completa profilazione delle scelte dell’utente attraverso un canale che fornisca un feedback al broadcaster.
Anche se il DVB nella maggior parte dei casi presuppone un set top box che ancora non è in grado di fornire un feedback al broadcaster (lo può fare attraverso una linea telefonica, ma gli utenti che utilizzano questa opzione non sono un numero consistente, visti gli scarsi vantaggi della connessione in questione), Internet può già farlo.
Questo, se da una parte consentirà una vera e propria personalizzazione dei contenuti multimediali sulla base della conoscenza da parte del broadcaster dei gusti dell’utente definiti attraverso le sue scelte precedenti, dall’altro consentirà una profilazione sempre più efficace in un’ottica di CRM integrato, con ovvi vantaggi per la pianificazione delle campagne pubblicitarie su segmenti di mercato sempre più precisi e definiti. In questo modo finalmente potranno avverarsi i più reconditi sogni di tutti i media planner.
Peccato solo il “piccolo svantaggio” per la privacy degli utenti, che sacrificheranno la segretezza dei loro gusti e delle loro aspirazioni in cambio di contenuti sempre più adattati alle singole esigenze.
I fautori della personalizzazione dei contenuti a volte portano avanti la bandiera della libertà: chiunque, con qualche software, una videocamera DV (e un buon microfono!) potrà realizzare i suoi contenuti e distribuirli on line.
Queste sono chiacchiere da bar, sia in forza del fatto che le connessioni e la banda in upstream hanno un costo considerevolmente più alto (chissà come mai!), sia perché la realizzazione di contenuti presuppone conoscenze tecniche di cui la grande utenza non può disporre.
Mi si obbietterà che i contenuti della TV italiana non hanno questi standard qualitativi così elevati, ma questo è un problema del nostro mercato, che stiamo superando con l’acquisto di tutti i prodotti dall’estero con grande gioia dei gruppi multinazionali che, grazie alle enormi economie di scala dovute all’ampiezza dei loro mercati, sono in grado di fornire prodotti di ottima qualità da distribuire (con edizioni diverse) sui mercati di tutto il pianeta.
E se questo non dovesse bastare, ci sono sistemi normativi, che, se da un lato tutelano la correttezza dell’informazione (lo so, viene da ridere anche a me!), dall’altro obbligano chi produce e distribuisce contenuti a sottostare a leggi che rendono sempre più difficile la distribuzione di contenuti autoprodotti.
Dulcis in fundo, si va verso una progressiva estensione del contenuto e della durata dei diritti sulle opere dell’ingegno, in modo tale da rendere sempre più difficile questa autonomia distributiva.
In poche parole, se realizzate il documentario della vostra vita e lo volete distribuire online, nessuno vi consentirà mai di utilizzare materiale di repertorio protetto da diritti, ovvero celebri brani musicali. Il costo di tali diritti, infatti, non è in nessun modo ammortizzabile, senza un’adeguata economia di scala. Se non mi credete, provate a chiedere i prezzi alla SIAE di un brano musicale da utilizzare come colonna sonora per un documentario per vedere se mi sbaglio.
Insomma, il mercato di distribuzione (e quindi di produzione) di contenuti è bloccato da un oligopolio di imprese che non è in nessun modo interessato a liberalizzarlo, per non perderne consistenti quote.
E adesso possiamo finalmente arrivare al problema sollevato da Massimo: la qualità dei contenuti.
A pochi dei lettori di questa testata potrà mai interessare il Grande Fratello. Purtroppo però si tratta di una minoranza. I dati d’ascolto televisivi danno vincenti i format basati sui reality show e la fiction familiare di basso livello.
Attualmente i broadcaster non fanno che offrire gli stessi prodotti che gli utenti guardano in TV.
È purtroppo definitivamente tramontato il sogno dell’utente attivo. Anche volendo, il massimo che può fare è scegliere.
Esisteranno in futuro uno o più broadcaster che profileranno contenuti sulla base delle preferenze del sempre più piccolo segmento di mercato al quale possono appartenere, ad esempio i lettori di questa rivista.
Non saremo costretti a guardare L’Isola dei Famosi. Ma è probabile che i nostri figli saranno orientati a farlo, per evitare, ad esempio, di andare a scuola senza conoscere i personaggi di cui discuteranno i loro compagni durante l’intervallo (e in futuro, grazie alle nuove riforme, anche il corpo docente della scuola pubblica durante le lezioni).
Ed è probabile che la gente continuerà a canticchiare il nuovo ritornello per l’estate, sul treno in corsa della modernità, incurante di chi guida, della velocità e del nome della prossima stazione. Poco importa se il treno in Italia, sarà in ritardo o meno.
Ogni tanto, qualcuno si alzerà in piedi dicendo: “Ma io dovevo scendere lì!”.
Sarà il tanga di una bella velina danzante e sorridente a rispondergli: “Non preoccuparti, scendi alla prossima. È più sicuro così”.
Con il rispetto di sempre, e un caro saluto a Massimo e a tutta la Redazione.
Guglielmo Gentile
NOTA: chi volesse raggiungere Guglielmo via e-mail è pregato di scrivere in redazione: pi@edmaster.it