Roma – Recentemente ho reiscritto il mio sito su alcuni motori di ricerca: non lo facevo da tre o quattro anni, data a cui risale la costruzione del mio vecchio sito. Scopro con il piacere che potete immaginare che non c’è praticamente più nulla di gratis.
Inktomi è a pagamento, MSN neanche a parlarne, Altavista, Godado, tutti raggruppati in modi strani, la cui comprensione morfologica richiede uno sforzo di ore che non possiedo .
Una volta (ecco che torna fuori il vecchio nostalgico!) non era così: i motori di ricerca facevano di tutto per spingerti a registrare le tue pagine sul loro engine per avere indici sempre più grandi e aggiornati.
Adesso se vuoi essere indicizzato devi pagare.
E non poco: si va dai dieci ai 300 $ anche per un solo URL. Interessante.
Ciò mi rinfranca, come ho già detto. Perché? Perchè adesso capisco la ragione per cui se provo a cercare informazioni su un determinato film, chessò “Prima della pioggia” di Manchewsky, mi esce il sito di un venditore di ombrelli coreano.
Allora non sono io che sbaglio a usare gli operatori booleani (che non vanno neanche più di moda!): sono loro che sono diventati dei piazzisti di link!
Allora però mi chiedo: quelli che credono ancora che la rete sia un luogo di scambio di idee, quelli che credono che se due persone sanno ciascuno una cosa e se la dicono dopo entrambi sanno due cose, beh, questa gente, che fine ha fatto?
Nell’attesa del googlebot (lo aspetto da un mese: se passa mentre ho il server giù, mi taglio la gola!) mi chiedo se non sia necessaria un’azione, ovviamente degli utenti interessati a queste problematiche, per cercare di prendere quello che adesso è diventato un orrendo supermercato e renderlo nuovamente un’ immensa biblioteca di Borgesiana memoria.
Come? Ditemelo voi. Io nel mio piccolo non uso più tutti i motori di ricerca che fanno pagare l’iscrizione. E tengo d’occhio ODP (Open directory project) anche se c’è una clausola di cessione dei contenuti che non mi piace molto…
A presto,