L’asta per aggiudicarsi i migliaia di brevetti della fallimentare Nortel sembrava giunta alla conclusione , ma ora rischia di trovare due impacci: gli esame dell’autorità antitrust canadese e di quella statunitense.
I circa 6mila titoli brevettuali sono stati acquistati per 4,5 miliardi di dollari da un consorzio di grandi aziende tecnologiche che aveva battuto Google, praticamente l’unica grande fuori dal gruppo.
Intenzionato ora a mettere i bastoni tra le ruote alla conclusione dell’affare sembra essere il Ministro dell’Industria canadese Christian Paradis, che deve verificare che l’operazione sia conferme alla normativa nazionale in materia di acquisto di asset canadesi.
In base alla legge chiamata Investment Canada Act , infatti, il Governo deve approvare qualsiasi investimento straniero o acquisto di asset canadesi dal valore di almeno 312 milioni di dollari canadesi (circa 230 milioni di euro). Il Ministro deve ora dunque valutare se i brevetti Nortel rientrano nella definizione di asset nazionali e, conseguentemente, se l’affare rappresenta un “beneficio netto” per il Canada.
Interessato al destino dei brevetti, anche l’ American Antitrust Institute ( AAI ), organizzazione non profit che avrebbe chiesto con successo al Dipartimento di Giustizia (Department of Justice, DoJ) di verificare che l’acquisto dei brevetti da parte del gruppo che vede sullo stesso fronte grandi aziende come Microsoft, Sony, RIM e Apple non rappresenti un cartello ad hoc per ostacolare Google , principale antagonista durante l’asta e unica grande azienda fuori dal cerchio .
Gli oltre 6mila brevetti Nortel, peraltro, rappresentano un fattore strategico importante per il futuro del sistema operativo mobile di Google: potevano servire a Mountain View a difendere la sua tecnologia da eventuali procedimenti legati alla proprietà intellettuale e a garantirne lo status già oggi minacciato da cause legali targate Microsoft .
Finendo nelle mani di Redmond, Cupertino e compagnia, invece, rappresentano un’ulteriore freccia nella strategia che vorrebbe spingere i produttori di hardware a guardare con occhio più favorevole a Windows Phone 7 e gli altri sistemi operativi concorrenti di Android , non facendolo più considerare gratuito ma soggetto a licenze e passibile di cause legali, mentre consentirebbero a Apple di mantenere il suo spazio di controllo.
6mila brevetti, insomma, significano 6mila armi nell’arsenale anti-Android. E 6mila spine nel fianco che spingeranno Google a racimolare quanti più titoli brevettuali possibile nel settore mobile. Una vera e propria corsa agli armamenti che potrebbe determinare il futuro del mercato mobile.
Claudio Tamburrino