Telenor, come altri provider norvegesi, non può essere considerato responsabile delle violazioni del copyright compiute dagli utenti a mezzo file sharing. In aggiunta, la decisione di bloccare un sito collegato al download illecito non può spettare a un soggetto privato bensì alle autorità di Oslo . Si è così pronunciato di recente un giudice norvegese che ha spento le speranze della International Federation of the Phonographic Industry (IFPI) di vedere il maggiore ISP del paese obbligato a filtrare i torrenti di The Pirate Bay.
La vicenda era iniziata lo scorso marzo quando i rappresentanti dell’industria del disco avevano suggerito a Telenor di bloccare l’accesso dei propri utenti alla Baia . Più che un suggerimento, un aut-aut : filtrare entro due settimane o intraprendere un difficile cammino legale. Il fornitore di connettività norvegese aveva contrastato l’ultimatum, con il suo dirigente Ragnar Kårhus a parlare di uno scenario ipotetico molto simile al controllo da parte del servizio postale delle varie lettere indirizzate agli utenti.
Al fornitore di connettività, evidentemente, piace parlare per figure retoriche. “Non è possibile accusare un produttore di scale solo perché qualcuno ne ha usata una per commettere una rapina” ha dichiarato un portavoce di Telenor subito dopo la sentenza. Sentenza che è apparsa chiara: stando alla visione del giudice, non è naturale che un attore privato nel campo delle telecomunicazioni possa decidere di stroncare l’accesso ad un sito, anche se legato al downloading non autorizzato.
Sono dunque servite a poco le dichiarazioni accese da parte dei legali dell’industria del disco e del cinema, che avevano parlato di un obbligo morale da parte dell’ISP nel fare in modo che gli utenti norvegesi la smettessero di scaricare da TPB. Particolarmente soddisfatto, invece, Ragnar Kårhus, che ha precisato un fattore chiave nella decisione del giudice: non si tratterebbe di essere pro o contro la tutela del copyright, ma di capire in maniera ragionevole la legittimità di richieste come quelle di IFPI , con quest’ultima a favore di un ruolo censorio da parte dei provider verso i contenuti di Internet.
Kårhus ha parlato a ruota libera, suggerendo all’industria di trovare modi più appropriati per combattere covi del crimine come quello di The Pirate Bay, rendendoli magari meno allettanti agli occhi degli utenti. Una recente indagine pubblicata dal security vendor McAfee ha mostrato che, proprio nel mese in cui la Baia è stata bombardata e messa fuori uso da una corte di Stoccolma, è stato rilevato un consistente aumento del numero di siti collegati al downloading non autorizzato. Come dire: morto un papa del file sharing, se ne fa un altro (o molti altri).
Mauro Vecchio