È una sentenza che per sua natura non produce giurisprudenza, ma è comunque una ulteriore conferma del buon diritto di quegli utenti che, comprato un personal computer, intendono rinunciare al sistema operativo Windows che vi è pre-installato. E che vogliono, di conseguenza, venire rimborsati della spesa “in più” sostenuta.
Ad informare della sentenza del giudice di pace di Firenze, dott. Lo Tufo, è ADUC , da lungo tempo impegnata sul fronte dei rimborsi. Lo Tufo ha ritenuto di condannare HP Italia a rimborsare 140 euro ad un acquirente che non intendeva utilizzare il sistema operativo Windows pre-installato sul proprio notebook.
La sentenza, promossa dal consulente informatico dell’ADUC Marco Pieraccioli, difeso dagli avvocati Anna Maria Fasulo e Claudia Moretti, nello specifico condanna HP anche al pagamento delle spese legali.
Questione EULA
HP Italia, come altri produttori, ha sostenuto che la EULA di Windows, il contratto che consente all’utente che rifiuta Windows di ottenere il rimborso dal produttore, in realtà non sia vincolante per l’azienda, in quanto “tali clausole sono state stabilite unilateralmente da Microsoft e attengono ad un rapporto cui essa (HP, ndr.) è estranea”. Secondo il giudice questa tesi non regge , in quanto sebbene sia possibile che il testo sia stato prodotto in modo unilaterale, non appare credibile che non sia stato conosciuto da HP, quando invece “è verosimile piuttosto che esso sia il frutto di accordi commerciali intercorsi tra le due società”.
Dunque la EULA vincola HP , in quanto l’azienda ha in ogni caso “accettato e fatto proprio” quel contratto nel momento in cui ha deciso di installarlo sul proprio hardware.
Il rimborso è dovuto
Tra i molti aspetti interessanti della sentenza, che tocca da vicino uno degli argomenti più spinosi sul fronte delle libertà informatiche , c’è anche la bocciatura del rimborso totale , ossia della proposta che talvolta fanno i produttori agli acquirenti che non vogliono Windows di rimborsare integralmente il prezzo del prodotto.
La tesi di HP è che la EULA a cui si appellava l’utente non preveda il rimborso del sistema operativo , in quanto all’utente che non vuole Windows indica soltanto di “contattare prontamente il produttore per ottenere informazioni sulla restituzione del prodotto o dei prodotti e sulle condizioni di rimborso in conformità alle disposizioni stabilite dal produttore stesso”.
Anche questa visione però è stata bocciata dal giudice, secondo cui il fatto stesso che esista una clausola del genere è significativo, “altrimenti sarebbe stato del tutto inutile parlarne e sarebbe bastato limitarsi a precisare la restituzione del software”. “Del resto – continua la sentenza – il rimborso appare dovuto, sussistendo per l’utilizzo del software un contratto separato (con condizioni oltretutto molto particolari) che il compratore non ha possibilità di conoscere prima di aver comprato il prodotto (né è certo sufficiente a tal fine che gli opuscoli indichino che il computer è equipaggiato con un “certo” software) e che, se non accettato, impone appunto di restituire quella parte dell’acquisto lasciando il compratore con un prodotto comunque diverso e di minor valore rispetto a quello pagato”.
Perché il rimborso totale sia possibile è necessario il consenso del compratore che, nel caso specifico trattato a Firenze, non c’era.
“Comprando un computer oggi – chiosa ADUC – ci si trova nell’assurda situazione di non poter scegliere il sistema operativo con cui farlo funzionare, ma di doverlo comprare con il sistema operativo già installato da parte del produttore del PC e più precisamente con Microsoft Windows. Questa è una pratica che ormai tutti i produttori hanno adottato, rendendo di fatto impossibile acquistare un computer di marca senza il software preinstallato. È come se, dovendo acquistare un vaso, si fosse costretti a pagare anche per una pianta, magari sempre la stessa e del solito agricoltore”.
ADUC racconta tutta la vicenda in uno spazio dedicato del proprio sito web, mettendo a disposizione anche l’intero testo della sentenza.