Si chiama NowISeeYou e secondo i suoi autori rappresenta “il primo e più rilevante privacy hacking basato sulle immagini”. Autori dello studio sono Federico Ziberna e Claudio Cavalera, ricercatori italiani indipendenti, che evidenziano i rischi connessi all’uso di fotografie “reali” o altri avatar riconoscibili sui servizi di messaggistica istantanea più popolari .
Stando a quanto sostengono i ricercatori , il tipo di attacco da loro ideato potrebbe infatti coinvolgere “gran parte” degli utenti di WhatsApp e Viber, con l’identificazione dell’identità “reale” di un utente dei suddetti servizi di IM accanto al numero di telefono usato sul network.
Il sistema ideato da Ziberna e Cavalera prevede prima di tutto il download di una “quantità illimitata” di avatar degli account IM, immagini da cui è poi possibile estrapolare chiavi di ricerca rilevanti inclusi quelle estrapolabili con gli algoritmi di riconoscimento facciale come etnia, età, sesso e altro.
In questo modo, dicono gli autori, è potenzialmente possibile “collegare il numero di telefono di uno sconosciuto qualunque ad una persona reale” – e tutto grazie all’uso degli avatar usati sui network di IM.
Suggestivo e degno di nota lo scenario tratteggiato dai ricercatori per spiegare l’utilità del loro lavoro: “possediamo uno schedario di milioni di foto. Di queste la gran parte presentano il volto di una persona. Avete presente i vecchi film in cui la polizia cerca il criminale paragonando la sua foto a quelle contenute nel loro schedario? ecco: solo che nowiseeyou ha il vantaggio che su ogni foto del suo schedario c’è appiccicato il numero di telefono del criminale…”.
Una delle conseguenze potenziali dell’abuso di avatar è l’attacco che i ricercatori chiamano “voodoo doll exploit”, uno scenario in cui un malintenzionato fa una foto a una persona qualsiasi (magari in spiaggia) e poi si serve del tool di NowISeeYou per verificare la presenza dell’avatar nel suo database per risalire al numero di telefono della “vittima”.
Alfonso Maruccia