NSA pensa al tecnocontrollo delle Cose

NSA pensa al tecnocontrollo delle Cose

IoT? Biotech interconnesso? Per l'intelligence USA rappresentano la nuova frontiera dello spionaggio tecnologico, anche se al momento si parlerebbe ancora di studi di fattibilità più che di infrastrutture di controllo concrete
IoT? Biotech interconnesso? Per l'intelligence USA rappresentano la nuova frontiera dello spionaggio tecnologico, anche se al momento si parlerebbe ancora di studi di fattibilità più che di infrastrutture di controllo concrete

Dalla National Security Agency (NSA) continuano ad arrivare segnali sulle prospettive del tecnocontrollo di nuova generazione, una generazione che a quanto pare andrà a braccetto con la Internet delle Cose (IoT) e, peggio ancora, con gli apparati biomedicali ad alto contenuto di hi-tech.

L’intelligence statunitense è a dir poco interessata alle potenzialità della IoT in fatto di raccolta di informazioni e spionaggio a danno degli utenti, il fatto è ben noto ed è già stato candidamente ammesso dal direttore di NSA James Clapper davanti al Comitato sui servizi del Senato USA.

A rimarcare le potenzialità della IoT per lo spionaggio arriva ora Richard Ledgett , vice-direttore dell’agenzia a tre lettere che definisce i sensori interconnessi della Internet delle Cose come un “incubo per la sicurezza” da cui potrebbe scaturire un fiume senza fine di nuovi segnali da dare in pasto agli analisti dell’intelligence .

La “complessità” dei sistemi e l’ insicurezza intrinseca degli apparati per la IoT sono e saranno alleate degli spioni , ha ammesso Ledgett, anche se al momento NSA è ancora ferma allo stadio di “ricerca teorica” nell’utilizzo concreto della succitata insicurezza per applicazioni di intelligence.

Una novità allarmante nei piani di NSA è infine rappresentata dalla potenziale aggiunta delle biotecnologie nella “scatola degli attrezzi” del lavoro di intelligence, con pacemaker e altri apparati del genere presi di mira dagli spioni americani e già arruolati da tempo tra i bersagli della community di ricercatori.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
15 giu 2016
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