Un effetto sembra certamente averlo avuto, la chiamata che Mark Zuckerberg ha fatto al Presidente Barack Obama per chiedere maggiore trasparenza circa le operazioni di spionaggio compiute da Washington: potrebbe essere una delle dichiarazioni che ha indispettito la National Security Agency (NSA) che, già messa all’angolo dai documenti continuamente rivelati dal suo ex dipendente Edward Snowden, sembra voler rispondere ora attaccando le aziende ICT statunitensi. O, almeno, cercando di trascinarle con sé nel fango della polemica.
Il social network, naturalmente, era stata solo l’ultima azienda in ordine di tempo ad attaccare le azioni dell’NSA, colpevole non solo di aver violato la privacy degli utenti ma anche di aver compromesso la fiducia degli utenti rispetto a Internet e ai servizi che veicola. La telefonata di Zuckerberg, insomma, non ha fatto altro che unirsi all’indignazione espressa anche da altre aziende ICT tra cui Microsoft, Google, Apple e Yahoo!, che hanno fatto anche quadrato per chiedere la divulgazione dei dati della Corte FISA che concedeva i mandati per le intercettazioni: tuttavia ben rappresenta l’umore delle grandi aziende del settore che hanno scoperto di essere loro malgrado testimoni di una violazione di massa compiuta proprio dal loro governo.
Secondo quanto riferisce ora il Guardian riportando la testimonianza del vertice della sezione legale dell’NSA, Rajesh De, davanti al Comitato Privacy and Civil Liberties Oversight (PCLOB), le aziende ICT erano perfettamente a conoscenza del programma PRISM, e dunque delle intercettazioni da parte dell’agenzia di sicurezza .
In realtà tutta la questione (che si è dipanata più che altro sui giornali e sui commenti online) sembra più interessante per rappresentare il clima di sospetto e diffidenza venutosi a creare in seguito alla scoperta dei fatti racchiusi nel termine datagate che per esporre fatti davvero sostanziali: le parole di Rajesh De sembrano limitarsi a ribadire ciò che già si sapeva , cioè che le aziende ICT sapessero delle intercettazioni delle autorità e soprattutto fossero costrette a concedere l’accesso a determinati file secondo i poteri previsti dalla Section 702 del FISA Emendments Act .
Diverso è invece quello che affermano a più riprese , indignate, le aziende: che non sapevano – e neanche si aspettavano – che le autorità si arrogasseo il diritto di avere un accesso illimitato ai loro server, ricorrendo anche a siti di phishing (come nel caso delle finte pagine Facebook) o ad attacchi informatici compiuti ai danni dei loro server.
Claudio Tamburrino