Web (internet) – Hanno nomi abbastanza espliciti. Si va da “Gym Time” a “The Football Team” passando per “Good Morning, Marines”. Sono i video in vendita online che stanno alzando di nuovo parecchia polvere su quella che ad alcuni appare una inevitabile conseguenza della diffusione delle tecnologie digitali.
Tecnologie che consentono con una spesa ridottissima di munirsi di telecamere molto piccole, nasconderle all’interno di una borsa o sotto un asciugamano e riprendere in gran segreto i momenti della maggiore intimità di chi frequenta spogliatoi di palestre, bagni o docce e via dicendo. Immagini rubate, dunque, che pare finiscano spesso e volentieri sulla rete. Su video pornografici venduti online, appunto, ma anche su newsgroup “specializzati”.
E il caso dei marines ripresi sotto la doccia e divenuti protagonisti, loro malgrado, di video pornografici venduti online non è che uno di quelli che recentemente sono apparsi in diverse università americane. L’ambiente sportivo, infatti, pare sia “la vittima ideale” per i cacciatori di intimità rubate.
Arriva la psicosi e si cerca, com’è umano, qualcuno da mettere alla sbarra. Visto che nei casi più clamorosi non si è saputo ancora chi ne fossero gli autori c’è chi addita la rete, come luogo nel quale ogni cosa può essere commercializzata senza che chi è coinvolto lo sappia. Ma sotto accusa, e questo segnala un atteggiamento più maturo rispetto a internet, finiscono le amministrazioni di palestre, università e college che offrono poca sicurezza a chi frequenta ambienti sportivi pubblici.
Uno dei problemi sulla questione alzato dai legali delle vittime è che le attuali leggi sulla privacy si rivelano inadatte a questo genere di situazioni. Come a dire che se da una parte è ineludibile la violazione dell’intimità della persona, dall’altra la violazione della privacy in sé non appare sufficiente a “descrivere” l’interezza dell’atto commesso da chi quelle immagini le ha commercializzate online come pare spesso accada.
D’altro canto le autorità delle università e amministrazioni colpite hanno già dichiarato la propria impotenza. Dai video in commercio, finiti all’FBI, è spesso difficile dedurre dove siano stati girati. Come è difficile individuare le vittime. Ed è davvero poco probabile “beccare” chi ha diffuso quei video o chi ha lasciato una telecamera in uno spogliatoio, poi scoperta per caso…
Vicende che possono far sorridere ma che hanno invece mobilitato molte delle vittime, uomini che hanno saputo del “furto” e che sperano di poter rientrare in possesso di quella che considerano una “intimità perduta”. Ma le loro foto girano sulla rete e i video “rubati” sono stati venduti… Quale possibilità hanno di rifarsi i nudi e offesi sulla rete? Suggerisco, e provoco: una grassa risata…