Si chiama Rdio ed è l’ultima avventura imprenditoriale di Niklas Zennstrom e Janus Friis, due che con la musica e il multimedia in rete ci trafficano da sempre o quantomeno sin dai tempi dell’esplosione della supernova di Napster nel 2001. Per la coppia Zennstrom/Friis il nuovo orizzonte musicale online non è più il download del P2P ma lo streaming a pagamento basato su sottoscrizione.
I due imprenditori sono responsabili prima della creazione di Kazaa – network di condivisione divenuto tristemente noto per il malware proliferante e le decine di migliaia di cause legali intentate dalle major multimediali – e poi del VoIP di Skype. Rdio è una novità che in parte sa di già sentito, un servizio di streaming che promette libertà di utilizzo e condivisione in salsa social dei gusti e delle opinioni degli utilizzatori.
Disponibile nei “tagli” da 4,99 e 9,99 dollari al mese, Rdio offrirà accesso a un ricco catalogo musicale composto da 5 milioni di brani apparentemente con bollino di approvazione da parte delle Grandi Sorelle del disco (EMI, Sony, Warner, Universal). La differenza di prezzo starebbe nel tipo o nella quantità di dispositivi che si possono abilitare alla fruizione dei propri acquisti, capaci di raggiungere l’utenza iPhone come quella BlackBerry e in futuro anche Android.
Caratteristica distintiva del servizio, che i promotori sperano lo faccia emergere in una categoria sempre più affollata, sono gli elementi sociali di condivisione tra gli utenti. Che non potranno giammai scambiarsi file (modello di business in via di sepoltura, azzardano quelli di Rdio) ma solo recensioni, “collezioni”, liste di preferiti e gusti personali in fatto di band e generi musicali.
Riuscirà la nuova avventura degli ideatori di Kazaa a raggiungere il suo obiettivo? Di certo il mercato della musica digitale è in crescita continua , e secondo Forrester Research vale (nel solo 2009) 1,87 miliardi di dollari – 209 milioni dei quali provenienti proprio dai servizi di sottoscrizione come Rdio. Non a caso allo streaming remoto pensano anche Apple e Google, la prima con una possibile riconversione di iTunes (dopo l’ acquisto di Lala ) e il secondo con un potenziale marketplace musicale per dispositivi basati su Android.
Alfonso Maruccia